Ecco le tre nuove vie per andare in pensione

Si ipotizzano tre profili previdenziali per chi smetterà di lavorare a partire dal 2022: ecco quali sono e cosa potrebbe accadere dopo Quota 100

Ecco le tre nuove vie per andare in pensione

Quota 100 sta per andare...in pensione: dal 1° gennaio 2021, infatti, avremo un nuovo sistema previdenziale che il governo stabilirà nelle prossime settimane. Dopo mesi di chiacchiere e indiscrezioni, ecco gli scenari pensionistici che si profilano all'orizzonte.

Pensioni: ecco cosa cambia

Agli sgoccioli gli ultimi che prenderanno il "treno" di Quota 100 prima della naturale scadenza del prossimo 31 dicembre: per poter usufruirne servono 62 anni 38 di contributi. La riforma voluta da Lega e 5Stelle ha visto l'adesione di circa 380mila contribuenti su un milione come potenziale, poco più di un terzo (circa il 70% sono uomini, il 30% donne). Adesso è il turno dei cosiddetti "scalonati".

Chi non potrà, invece, aderire al sistema pensionistico attuale dal 1° gennaio, potrà fare affidamento sulla legge Fornero: 67 anni e 20 di contributi per la pensione di vecchiaia e 42 anni e 10 mesi per la pensione anticipata (un anno in meno per le donne), indipendentemente dall'età anagrafica. E poi ci sono gli "scalonati" - che risentiranno maggiormente del nuovo sistema pensionistico. Un esempio: un nato nel 1959 che ha iniziato a lavorare nel 1984 ma che ha solo 37 anni di contributi non può usufruire di Quota 100; un nato nel 1959 che ha iniziato a lavorare un anno prima, nel 1983, ha due anni e mezzo di tempo per l'attuale sistema pensionistico. Il primo, infatti, da gennaio sarà uno "scalonato" e costretto a completare altri cinque anni ed arrivare ai 67; per i nati nel '58 e '59, invece, "scalini" minori da 3 e 4 anni.

L'idea di Tridico

Come ci siamo occupati di recente, si starebbe pensando di suddividere la pensione in due parti secondo la proposta del presidente dell'Inps, Pasquale Tridico: subito la parte contributiva e dopo i 67 anni la parte rimanente. Costo dell'operarazione 2,5 miliardi, 453 nel 2022 e almeno 200mila italiani interessati nei prossimi tre anni con un cospicuo risparmio per le casse dello Stato. Il vincolo, però, è l'integrazione solo parziale dell'assegno con un reddito da lavoro non cumulabile con altre forme di sussidi come il Reddito o l'Ape sociale.

"Mi sembra evidente che dal punto di vista dei lavoratori la scelta è se vivere con meno di 700 euro al mese per 3-4 anni, semmai integrando con un lavoretto, e poi allungare a 1.300 euro dai 67 anni. Oppure proseguire a lavorare per avere ai 67 anni un assegno più alto di 100-150 euro", ha affermato a Repubblica Andrea Carbone, economista e fondatore di smileconomy, laboratorio indipendente di consulenza finanziaria e previdenziale.

"Vista così, l'ipotesi Tridico sembra più attrattiva per chi è a rischio disoccupazione o per chi, per motivi personali o di salute, non desidera più lavorare".

La strada è in salita ma non è lunghissima, poco più di due mesi alla fine del 2021: vedremo cosa si deciderà, per adesso regna ancora molta incertezza su tutti i fronti.

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