Le pensioni rappresentano uno dei temi più spinosi che, in mezzo a mille polemiche, deve affrontare il governo giallorosso.
Il nodo principale è rappresentato da Quota 100, un meccanismo di pensionamento che consente ai lavoratori dipendenti, autonomi e parasubordinati - a fronte di un requisito contributivo minimo di 38 anni e un’età anagrafica di 62 anni - di andare in pensione con requisiti meno stringenti rispetto a quelli previsti per la pensione anticipata e di vecchiaia. La domanda che in molti si fanno è: sparirà, cambierà del tutto o solo in parte?
Le parole del ministro del Lavoro
Il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha precisato che non ci saranno modifiche a Quota 100 in manovra: “Lo escluso del tutto. Ci potrebbero essere dei possibili accordi con i sindacati per andare in pensione di cui non siamo a conoscenza oppure il cittadino che potrebbe aver fatto dei progetti di vita. Cambiare le regole in corsa diventa un problema”. Per quanto riguarda il futuro, ha aggiunto Caralfo, “riconfermiamo l’impegno del Governo e mio personale di far e un tavolo di approfondimento tecnico su come rivedere il sistema complessivo”. Insomma, per il momento Quota 100 resta al suo posto.
Archiviato un primo problema - o meglio nascosto sotto il tappeto - ecco che l’esecutivo giallorosso deve fare i conti con la rivalutazione degli assegni. Catalfo ha spiegato che l’intenzione del governo è quello di andare verso “una piena rivalutazione delle pensioni” ma al momento mancano le risorse necessarie per applicare il piano con la manovra 2020. Il ministro ha poi concluso il suo intervento parlando di cosa sarebbe necessario mettere in campo: “Se ci fossero ulteriori risorse andrei sulla rivalutazione delle pensioni. Il nostro impegno è fare un tavolo di approfondimento tecnico sulla questione delle pensioni e su come andare a rivedere il sistema complessivo''. La priorità è la rivalutazione degli assegni pensionistici ma il messaggio è chiaro: non ci sono soldi.
Come cambiano gli assegni
In mezzo ai mille dubbi del governo giallorosso, le pensioni subiranno un piccolo restyling. A partire da gennaio, i pensionati che percepiscono assegni compresi tra le tre e le quattro volte il trattamento minimo Inps, ovvero tra i 1539 euro e i 2.052 euro lordi mensili, otterranno il completo adeguamento all’inflazione anziché al 97%, come stabilito dalla normativa in vigore. Opzione donna e ape sociale saranno prorogati di un anno; confermato il sussidio di accompagnamento per le categorie più deboli, di età compresa tra 63 e 67 anni.
Per quanto riguarda opzione donna, il provvedimento riguarderà le lavoratrici nate tra il primo gennaio e il 31 dicembre 1961 (1960 per le autonome). Per la pensione anticipata dovranno essere soddisfatti i 58 anni di età (59 per le autonome) e 35 di contributi entro il 31 dicembre 2019. L’ape sociale resta nella formula attuale, cioè 63 anni e 30 o 36 anni di contributi a seconda dei profili di tutela, fino al 31 dicembre 2020.
La rivalutazione delle pensioni e la protesta dei sindacati
Abbiamo parlato di una rivalutazione. Ebbene, ci sarà, ma è irrisoria. L’incremento riguarderà gli assegni compresi tra le tre e le quattro volte il minimo: quindi la fascia situata tra 1.539 euro e 2.052 euro mensili lordi. Il guadagno è quasi simbolico. Chi percepisce 1.600 euro lordi al mese al 31 dicembre 2019, con ipotesi di inflazione dell’1%, intascherà 1.616 euro anziché i 1.615,52 della normativa vigente.
Resta tutto invariato per coloro i quali percepiscono assegni superiori quattro volte il minimo Inps. L’aumento, in ogni caso, è irrisorio ed è anche per questo motivo che i sindacati hanno indetto una manifestazione di protesta per il prossimo 16 novembre al Circo Massimo a Roma.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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