L'esplosione della guerra tra Russia e Ucraina ha cambiato le carte in tavola per tutti e sotto ogni punto di vista: la tanto agognata riforma delle pensioni, per adesso, rimarrà congelata in attesa di tempi migliori. È quanto trapela da fonti di Palazzo Chigi che propone un ulteriore "blocco" delle consultazioni tra sindacati e governo in merito alla strada da intraprendere. Non è escluso, però, che la trattativa possa riaprirsi nella seconda decade di marzo ma al momento è l'ipotesi che ha meno chance di realizzarsi.
Quali sono le conseguenze
In questo caos, l'unico punto fermo rimane Quota 102, cioé la possibilità di uscire dal mondo del lavoro con 64 anni e 38 di contributi che l'esecutivo ha deciso di prorogare soltanto per il 2022. Come scrive Il Sole 24 Ore, dopo i primi "round" tecnici tra governo e sindacati per trattare alcune materie quali il "bonus contributivo per i giovani con carriere discontinue, le agevolazioni più efficaci per le lavoratrici madri e una nuova fase di silenzio-assenso per la destinazione del Tfr ai fondi pensione", i ministri Andrea Orlando e Daniele Franco avrebbero dovuto già incontrare i leader sindacali per capire quale strada intraprendere e gettare le basi per costruire un documento d'intesa che sarebbe stato introdotto nel prossimo Def (Documento di programmazione economico finanziaria) in arrivo. La guerra in Ucraina, come detto, ha modificato anche l'assetto quotidiano in una nazione come l'Italia impegnata negli aiuti.
I nuovi scenari
Insomma, al momento tutti gli scenari pensionistici di cui si è parlato nei mesi scorsi sono fermi al punto di prima: dai pensionamenti anticipati con il contributivo rispetto al raggiungimento dei 67 anni alle misure per giovani e donne. Per adesso, la priorità di Palazzo Chigi è blindare l'attuazione del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) con i conseguenti interventi collegati per provare a bloccare anche l'altra spada di Damocle, il caro bollette di luce e gas acuiti dal conflitto in corso. In questo mare magnum, c'è chi ipotizza addirittura che Quota 102 possa essere ulteriormente prorogata anche al 2023, unico punto fermo dopo la fine di Quota 100.
Come ci siamo occupati sul Giornale.it, alla fine dell'anno scadranno le proroghe annuali anche delle pensioni che riguardano l'Ape sociale e di Opzione donna. La prima riguarda i lavoratori con 36 anni di contributi che svolgono un lavoro ritenuto usurante, i lavoratori con 30 anni di contributi che presentano un grado di invalidità superiore o pari al 74% e chi assiste - al momento della richiesta e da almeno sei mesi - il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità. Opzione donna, invece, è la prestazione erogata alle lavoratrici dipendenti e autonome che maturano i requisiti previsti dalla legge entro il 31 dicembre 2021.
Le lavoratrici conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi 12 mesi nel caso di lavori dipendenti o 18 mesi per lavori autonomi. Per la loro eventuale proroga al 2023 servirebbe un apposito provvedimento: ad oggi, le interlocuzioni con i sindacati sono, come detto, bloccate.
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