L’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre (Cgia) ha diffuso una nota spiegando che l’Italia corre il rischio di entrare in stagflazione, auspicando un intervento di ampia portata con cui lo Stato possa scongiurare il peggio, ovvero limitando la spesa pubblica, diminuendo la pressione fiscale e riuscendo a calmierare il prezzo delle energie. In questo modo, secondo il centro studio Cgia, cittadini e imprese avranno più denaro da fare circolare nell’economia locale. Allo stato attuale, sostiene l’Associazione, le misure attuate dalla Bce per contrastare l’inflazione – ovvero l’aumento dei tassi direttori – pesano sui conti dello Stato in virtù dei maggiori tassi da corrispondere sul debito pubblico.
Per capire meglio occorre entrare nei meccanismi della stagflazione.
Cos’è la stagflazione
La stagflazione è una fase dell’economia di un Paese nella quale si palesano contemporaneamente l’inflazione e la stagnazione, ovvero l’assenza di crescite del Prodotto interno lordo (Pil).
Usando parole meno tecniche, l’aumento dei prezzi riduce la capacità di acquisto dei consumatori e se, parallelamente, la produzione del Paese rimane stabile oppure cresce poco si va incontro a un rallentamento dell’economia. La prima e più evidente conseguenza di questi avvenimenti concomitanti è l’aumento del tasso di disoccupazione. Se i consumatori acquistano meno e le aziende producono meno, i primi a farne le spese sono i lavoratori in esubero.
Quando la stagflazione fa sentire i propri effetti la situazione è di difficile soluzione: si possono attuare politiche per promuovere l’impiego e quindi permettere a un numero maggiore di persone e imprese di consumare di più, ottenendo così una spinta inflazionistica. Se, al contrario, le politiche mirano a contenere l’inflazione – come sta facendo la Banca centrale europea con l’aumento dei tassi direttori – si ottiene un ulteriore calo della domanda e quindi del Pil.
Le cause della stagflazione e il punto di vista della Cgia
Gli economisti non sono concordi nello stabilire le cause della stagflazione. La corrente di pensiero che attira più favori è quella secondo cui ha origine dall’aumento dei costi delle materie prime soprattutto a causa della poca offerta. In qualche modo ciò che sta accadendo in questo periodo soprattutto sul mercato delle energie.
La Cgia si concentra soprattutto sul fatto che l’inflazione sta erodendo il risparmio degli italiani e, partendo dall’assunto che le famiglie non abbiano accumulato risparmi durante gli ultimi mesi, le rispettive giacenze hanno perso valore a causa dell’inflazione. Si tratta di un assunto ragionevole che, pure essendo un indicatore puntuale, non basta da solo a parlare di stagflazione.
In realtà sono mesi che si parla di stagflazione. Ne parlava a marzo la stessa Cgia sulla scorta di argomenti convincenti. A giugno il Financial Times ha dato voce a economisti di fama provenienti da diversi Paesi i quali hanno espresso dubbi su un imminente tsunami stagflazionistico ma tutti, senza esclusioni, hanno invocato interventi mirati da parte delle Banche centrali e alcuni hanno espresso dubbi che gli organi deputati abbiano le capacità per scongiurare il peggio.
La situazione in Italia
I dati vanno presi con le pinze, perché si tratta di previsioni e, come tali, vengono riviste a più riprese a distanza di poche settimane. Ragionando sulle analisi più fresche, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) sostiene che il Pil italiano nel 2022 salirà del 3,4%, quindi più del 2,5% previsto in precedenza. Le nubi più cupe sono quelle che oscurano i cieli del 2023 perché la crescita del Pil italiano, inizialmente stimata nell’1,2%, è stata ridotta allo 0,4%.
Parallelamente l’inflazione annuale, stimata in ragione del 7,8%, dovrebbe scendere al 4,7% nel corso del 2023.
I numeri del 2023 possono realmente suggerire un rischio stagflazione, ma nei prossimi mesi i mercati delle materie prime possono mutare e fare una previsione precisa è impresa ardua.
Il rischio c’è, non è incombente ma esiste.
Le politiche monetarie della Bce e la capacità delle autorità nazionali di intervenire sui prezzi delle energie saranno gli snodi cruciali che condurranno il Paese verso la ripresa economica o nella direzione opposta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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