Ad oltre un anno dal commissariamento di Alitalia e dal prestito ponte di 900 milioni di euro, la compagnia di bandiera risulta ancora invenduta. Così com'è, è una realtà invendibile.
Con il prestito di Stato, di fatto, la si è nazionalizzata. Iniettare denari senza un piano industriale non serve a nulla: la compagnia perde ancora un milione al giorno. Insolvente era, insolvente resta. O la si chiudeva o era necessaria una seria ristrutturazione, anche dolorosa, nel rispetto delle leggi vigenti. Solo così si sarebbe potuto trovare un compratore interessato. Invece, l'asse governo precedente/commissari non ha fatto nulla di tutto ciò. Dopo la pausa estiva la Commissione Ue chiederà la restituzione del prestito perché l'aiuto di Stato (in questo caso lo è) non è compatibile con il diritto comunitario. Ma Alitalia vi riuscirà?
Il commissario Luigi Gubitosi ha recentemente spiegato che l'ultima parola spetta al governo e che attende la convocazione. Il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, il grillino Toninelli, ha un piano «originale»: un nuovo intervento pubblico. Potrebbe avvenire coinvolgendo nell'ennesima operazione di salvataggio la Cassa Depositi e Prestiti: per l'imminente nuovo vertice subito un enorme problema. Senza dimenticare che Cdp non può investire in aziende in perdita. Tranquilli, un escamotage verrà trovato. Siamo bravissimi, in questo. Giuseppe Guzzetti, padre nobile delle Fondazioni bancarie (azionista di Cdp) è stato chiaro: così facendo si mette a rischio il risparmio degli italiani.
Ciò che emerge preoccupa. Si tratta di piani fallimentari in partenza.
Meglio la chiusura con lo Stato che fa da paracadute sociale (ma con tempi definiti!) per le maestranze oppure una vera ristrutturazione. Intanto, al personale Alitalia sono arrivate le nuove divise firmate Alberta Ferretti. Belle. Ma l'abito non fa il monaco.www.pompeolocatelli.it
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