Serve più cultura del lavoro

Agenzie di viaggi e tour operator hanno già predisposto trionfanti campagne pubblicitarie

Serve più cultura del lavoro

Agenzie di viaggi e tour operator hanno già predisposto trionfanti campagne pubblicitarie. Il succo del messaggio? Eccolo: nel 2023, richiedendo solo cinque giorni di ferie, tra ponti vari e incastri perfetti, è possibile non andare al lavoro fino a 38 giorni. Avete letto bene: 38 giorni. Per chi opera nel settore del turismo, dopo i travagli dovuti alla pandemia, si tratta di un'ottima opportunità di business. E questo va benissimo, ci mancherebbe.

Tuttavia, la notizia, mi chiama a una riflessione. E riguarda il rapporto che ciascuno di noi ha con il lavoro. E soprattutto la considerazione che ne hanno i giovani che magari da poco hanno intrapreso quel cammino. Non voglio generalizzare e neppure cadere nel tranello della facile retorica, ma auspicherei che i giovani lavoratori non ricorressero a cuor leggero alla ghiotta opportunità suggerita dalla suddetta comunicazione pubblicitaria. Direi per una questione di educazione e di cultura. Si tratta di comprendere se per i nostri giovani il lavoro è un male necessario e quindi qualsiasi occasione è buona per evitarlo (ogni riferimento al reddito di cittadinanza non è casuale) oppure il lavoro è una componente fondamentale della vita dell'uomo, un fattore di crescita e di responsabilità verso di sé e gli altri.

Intendiamoci: le ferie sono sacrosante. Come il tempo libero tout court è fonte di ricchezza. Ma è un impoverimento della persona intendere le ferie alla stregua di graditissima fuga dal proprio lavoro. Che società si costruisce se l'impegno con il lavoro è ritenuto solo un peso, appena una necessità di sostentamento? Così non si costruisce nulla, anzi. Mi vengono in mente i miei genitori che quasi non conoscevano la parola ferie nell'esercizio del lavoro con il loro bar pasticceria.

Nel vederli all'opera, quel giovane che ero ha imparato quanto sia importante un certo modo di vivere le lunghe ore della giornata lavorativa; la relazione con il cliente, l'attenzione al dettaglio, la dirittura morale, il sorriso. L'homo faber è attore e costruttore del mondo. Non scordiamolo mai.

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