Recessione e inflazione sono sparite dal vocabolario degli economisti interpellati quest'anno dal World Economic Forum per la messa a punto del Global Risk Report. I conflitti armati, la disinformazione e le calamità naturali occupano infatti i primi tre posti della lista nera degli esperti. Certo non hanno torto, visto come gira il mondo e considerando il progressivo riassorbimento dei picchi post-pandemia dei prezzi al consumo. Giusto ieri l'Istat ha confermato che nel 2024 l'inflazione è cresciuta in Italia dell'1%, contro l'aumento pari al 5,7% dell'anno prima, grazie «alla marcata discesa dei prezzi dei beni energetici (-10,1% da +1,2% del 2023)». Quanto al carrello della spesa, l'effetto di stabilizzazione sta subendo un'accelerazione, con i listini degli alimentari rincarati del 2,2% rispetto al +9,8% del '23.
A fronte di un'inflazione che all'interno dell'eurozona si avvicina al 2%, la Bce si mantiene prudente sul percorso di riduzione dei tassi. I recenti aumenti delle tariffe di gas e luce potrebbero aver acceso qualche spia di allarme nella sala comandi dei falchi di Francoforte, ma nell'immediato è forse più pressante mettere sotto la lente l'andamento congiunturale di Eurolandia. Per il terzo anno consecutivo, i capo-economisti interpellati dal Wef considerano il Vecchio continente la regione più vulnerabile, con quasi tre quarti (74%) degli intervistati che prevedono una crescita fiacca o molto debole. Una debolezza strutturale che sembra figlia della generalizzata mancanza di politiche espansive, compresse da esigenze di risanamento contabile e da una banca centrale che ha via via prosciugato ogni stimolo.
Per quanto inflazionistica e destinata a gonfiare disavanzo e debito federali, la Trumpnomics punterà invece sulla crescita. Le solide prospettive degli economisti-capo per il Pil Usa 2025 (il 45% degli intervistati stima una forte crescita) sono infatti in linea con le loro aspettative di stimoli a breve termine e di aumento dei salari. Ma a preoccupare, in prospettiva, sono i dazi che il Tycoon intende introdurre in una replica di quanto già fatto in occasione del primo mandato. Nove economisti su dieci si aspettano «una guerra commerciale di ritorsioni e restrizioni commerciali fra gli Usa e la Cina», mentre il 68% prevede uno scontro allargato ad altri Paesi.
Chiosa Aengus Collins, Head of Economic Growth and Transformation del Wef: «Le prospettive di crescita sono le più deboli da decenni e gli sviluppi politici sia a livello nazionale che internazionale evidenziano quanto sia diventata controversa la politica economica.
In questo contesto, promuovere uno spirito di collaborazione richiederà più impegno e creatività che mai». In un contesto geo-politico in cui persistono le conflittualità più significative «dai tempi della Guerra Fredda» sembra quasi una missione impossibile.
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