Per il sistema Italia un passo storico in avanti

Per la prima volta l'influenza dominante di Mediobanca sulle Generali, il forziere finanziario nazionale, è da ieri a rischio. Sono ormai 40 anni che la compagnia, con periodicità, vive momenti di crisi al suo vertice. Sempre risolte con la conferma del ruolo di Mediobanca, che detiene il 13% del capitale. Ma questa volta c'è un socio, Francesco Gaetano Caltagirone (foto in alto), che con il suo 9% tenta di nominare un vertice alternativo a quello gradito da Mediobanca, cioè l'attuale ceo Philippe Donnet. E lo fa contando sull'appoggio di un altro grande azionista privato, Leonardo Del Vecchio, con circa il 7%. La domanda da porsi è dunque cosa sia meglio per il futuro di questa società, dalla quale dipendono due o tre faccende di un certo peso: la stabilità del debito pubblico, di cui la compagnia è un ottimo compratore con 60 miliardi di titoli in portafoglio; il risparmio di milioni di italiani, clienti con le assicurazioni o i fondi; e la reputazione stessa del sistema Italia a livello internazionale.

Ieri Caltagirone ha dato il via alle danze, aprendo la presentazione dell'ambizioso piano di Claudio Costamagna, candidato presidente, e Luciano Cirinà, aspirante ceo. Sarà il mercato a giudicare, visto che il 35% del capitale è in mano a investitori istituzionali e che la partita si deciderà nell'assemblea del 29 aprile. Ed è questo il punto che serve per rispondere alla domanda: per la prima volta il futuro di Generali sarà deciso da tutti i soci. E basta questo elemento per dire che l'iniziativa di Caltagirone è positiva. Senza entrare qui nel merito dell'Eps Cagr adjusted o del total return shareholder (anche per rispetto verso i lettori), il valore della lista Caltagirone è quello di aver mosso le acque di un capitalismo italiano opaco e autoreferenziale. Non che la Mediobanca di oggi, guidata da Alberto Nagel (foto in basso), sia paragonabile a quella di 25 o anche solo 15 anni fa, avendo fatto grandi passi avanti in termini di governance. Tuttavia un passaggio come questo, che consegni realmente alla democrazia assembleare la possibilità di scegliere tra due piani strategici, due team di manager e due visioni del ruolo degli imprenditori nelle grandi società quotate, sembra il modo migliore per chiudere con il passato e aprire una nuova pagina del capitalismo italiano.

Un esempio su tutti: il piano di Costamagna e Cirinà ha il pregio di mettere sul tavolo una questione tabù per la nostra Borsa, come i rapporti con le parti correlate (operazioni la cui controparte è legata a soci o manager della società stessa, in conflitto d'interesse). Con l'intervista rilasciata ieri al Sole 24 Ore, Caltagirone ha toccato il tema affermando apertamente che in Generali sono «migliaia l'anno» di cui molte con Mediobanca. Così la lista concorrente propone una governance alternativa a quella vigente, con limiti più stringenti e con la figura del lead indipendent proprio a tutela di questi rapporti.

In

altri termini, al di là di chi otterrà più voti, il prossimo cda delle Generali sarà più forte di tutti quelli nominati in precedenza. E più adatto ad affrontare un mercato globale in continua e anche drammatica evoluzione.

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