Una spesa imprevista di mille euro e la famiglia va in crisi

Vale per una su tre. Italiani "formichine" ma non fanno programmi, né sanno investire

Una spesa imprevista di mille euro e la famiglia va in crisi

Basta un'emergenza da mille euro per mettere in crisi le famiglie italiane. Inconsapevoli formiche che, cresciute a pane ed Esopo, sono abituate a risparmiare per tradizione e cultura (tant'è che complessivamente la ricchezza finanziaria netta è aumentata del 6% in linea con la media Europea), ma senza nessun chiaro obiettivo di pianificazione e, soprattutto, senza capacità di farlo al meglio.

Lo rivela il VII Rapporto 2021 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane di Consob, da cui emergono dati solo apparentemente contrastanti: da un lato infatti il 39% degli intervistati riferisce di essere in difficoltà a far fronte a spese fisse e ricorrenti e un ulteriore 28% che sostiene di non essere in grado di gestire un imprevisto da mille euro, mentre dall'altro lato il 36% dei partecipanti non sa come impiegare le proprie disponibilità, a cui si aggiunge un altro 19% che, con un'inflazione galoppante, preferisce lasciare i soldi sotto il materasso. I dati vanno letti all'interno di un contesto in cui, nonostante due anni di pandemia abbiano mostrato la necessità di farsi trovare preparati a qualunque imprevisto, solo l'11% degli intervistati dichiara di avere un piano finanziario e di rispettare il budget, a fronte del 75% che ammette di risparmiare, per lo più riducendo le spese e, per il 24% dei partecipanti, senza particolari ragioni.

«La maggior parte degli investitori non ha un piano finanziario autonomo, soprattutto di lungo periodo. Di conseguenza i loro risparmi sono un residuo risultante dal reddito individualmente disponibile al netto delle spese effettuate», rimarca Paolo Savona presidente della Consob.

Per di più solo il 28% delle famiglie italiane cerca il supporto di un professionista per le proprie scelte di investimento (dal 17% del 2019), la fiducia negli intermediari finanziari è decisamente bassa (la metà degli intervistati non ne ha) e la cultura finanziaria è modesta. Solo il 40% dei partecipanti è in grado di individuare la risposta corretta, in modo non causale, su domande relative alla correlazione tra rischio e rendimento, tasso di interesse composto, inflazione, mutuo e diversificazione del rischio, mentre il 16% degli intervistati sovrastima le proprie competenze. «Da questo spaccato emergono due fattori di rischio: il primo è che la metà del campione non ha fiducia in alcun intermediario dei risparmi; il secondo, che una larga maggioranza di investitori considera la garanzia di rimborso la principale variabile che influenza le scelte di investimento», ribadisce Savona che evidenzia come i risparmiatori chiedano protezione alle Autorità di controllo finanziario e la compensazione delle perdite.

«Ma nel caso delle criptovalute chi li rimborsa? Non si sa, è un altro elemento che viene ignorato», osserva il presidente della Consob. Il tema è delicato, considerando che gli italiani, chiusi in casa tra lockdown e quarantene, si sono dedicati al trading (solo per quanto riguarda le azioni, il numero complessivo delle transazioni in acquisto e vendita si è attestato a 41 miliardi dai 31 del 2019), con un crescente interesse per le cripto attività, «asset connotati da una elevata eterogeneità e da una forte volatilità dei prezzi».

«Con le asimmetrie informative che si accentuano con il mutamento delle politiche monetarie, sempre più invasive, e la diffusione delle criptovalute, il raggiungimento dell'obiettivo di Consob diventa sempre più difficile, ancora di più al persistere dell'ignoranza in materia finanziaria», ha concluso Savona.

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