Di statalismo si può morire

Di statalismo si può morire

Una cosa è certa: quando usciremo, e tutti insieme ce la faremo, dall'emergenza sanitaria, le ripercussioni di questa drammatica pandemia su famiglie e piccole imprese saranno peggiori di quelle che si ebbero con la Grande Crisi del 2008. A patirne di più saranno le categorie che godono di poca protezione, il popolo delle partite Iva in primis. E con loro le piccole imprese che sono il 99% del nostro tessuto produttivo.

Un'attenta analisi delle misure adottate per contenere l'impatto sociale ed economico, anche se non chiare nell'operatività, ci dicono che si tratta di interventi soprattutto in favore delle grandi imprese. Per non dire degli ennesimi aiuti pubblici verso Alitalia. Vedo in atto un discutibile e generalizzato processo di statalizzazione che contiene una pericolosa «distrazione»: l'indisponibilità a comprendere le enormi difficoltà dei titolari di partita Iva, delle piccole aziende e dei loro individualmente pochi dipendenti ma che sommati sono molti. Rimandare di un paio di mesi le scadenze fiscali non risolve molto anche perché, nel frattempo, tali categorie non fatturano nulla.

Insomma, il decreto Cura Italia nei fatti trascura queste categorie. Occorrerebbe uno sforzo di responsabilità anche dei soggetti più forti. Penso, ad esempio, al sistema creditizio. Mai come oggi dovrebbe essere chiamato al sostegno concreto verso l'economia reale. Vanno bene, come già previsto dall'Abi, moratorie per la restituzione di finanziamenti concessi, ma non basta. Urge liquidità.

Quando le aziende riapriranno, le banche eroghino finanziamenti alle piccole imprese a tassi predefiniti e minimi, con pagamento mensile degli interessi e restituzione del capitale a 18 mesi. Ogni giorno che passa rappresenta un danno di proporzioni forse irreparabili per la ripresa. È il momento di una politica responsabile e liberale che decida con giudizio per il bene del Paese.

www.pompeolocatelli.it

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