Male i conti del primo semestre di Stellantis e minaccia di taglio per i marchi che non porteranno guadagni: tutti fattori, uniti alle incertezze geopolitiche persistenti, che ieri hanno fatto crollare il titolo del gruppo dell'8,7%, a 16,67 euro, praticamente poco sotto il valore di un anno fa (16,79 euro). Avevano visto bene gli analisti nelle loro stime pessimistiche sui conti semestrali. Ai dati deludenti, inoltre, si è aggiunta la notizia sulla cessione del pacchetto di maggioranza della società Comau (azienda ex Fca specializzata in automazione, servizi di produzione e robot) al fondo d'investimento internazionale One Equity Partners (Oep) con la conseguente valutazione, da parte del ministero delle Imprese e del made in Italy, di applicare la disciplina del golden power al fine di ottenere tutte le garanzie industriali e occupazionali. Lo spin-off di Comau, deciso nel momento della fusione Fca-Psa, ha visto ieri la novità della cessione della quota di maggioranza a Oep, mettendo in allarme i sindacati che hanno chiesto l'intervento immediato del governo.
L'ad di Stellantis, Carlos Tavares, intanto, ha giustificato così i conti negativi del semestre: «La performance della società è stata inferiore alle nostre aspettative, principalmente a causa del calo dei volumi e del mix, del vento contrario dei cambi e dei costi di ristrutturazione, ma anche per il contesto industriale difficile e i nostri problemi operativi». Resta la realtà dei fatti: Ebit sceso del 40% a 8,463 miliardi, peggio della previsione degli analisti (8,85 miliardi); ricavi netti di 85 miliardi (-14%); utile netto pari a 5,6 miliardi (-48%).
Guardando avanti, l'ad di Stellantis parla di «azioni correttive per risolvere i problemi in corso» e dell'avvio di «un'entusiasmante campagna di lancio di prodotti, con non meno di 20 nuovi autoveicoli quest'anno».
Fari puntati sul mercato nordamericano dove, insieme al calo delle vendite, è urgente per il gruppo ridurre le scorte. La cfo Natalie Knight ha sottolineato come, nella seconda parte dell'anno, l'attenzione di Stellantis riguarderà proprio la sfida Usa dove sono stati ridotti sia la produzione sia i listini. Prudenti, in proposito, gli analisti di Citi interpellati da Reuters: «Non vediamo alcun miglioramento reale finché, a meno che Stellantis non rimuova l'eccesso di scorte, il che di per sé metterebbe pressione sui margini dell'intero 2024».
Sempre ieri, intanto, Tavares ha toccato un tasto molto delicato: quello della galassia Stellantis composta da 15 marchi. «Ebbene - la sua visione - Stellantis è grande abbastanza per competere a livello mondiale, Sergio Marchionne sarebbe d'accordo. Ma se non fanno soldi, li chiuderemo. Stiamo parlando di un periodo transitorio molto difficile e non possiamo permetterci di avere marchi che non fanno soldi». Un vero ultimatum rivolto ai capi brand. Intanto, si avvicina il debutto del primo prodotto elettrico europeo della cinese Leapmotor, di cui Stellantis detiene il 20%, la city-car T03 prodotta in Polonia. Il lancio iniziale avverrà, nel terzo trimestre, in Europa. Seguirà il Suv C10 che, secondo indiscrezioni, potrebbe essere prodotto a Mirafiori. A proposito di cinesi, Tavares ha rinnovato il suo giudizio negativo sui dazi applicati dall'Ue: «Sono una decisione correttiva contro l'errore strategico iniziale di imporre l'elettrificazione, e quindi l'acquisto di batterie e sistemi cinesi».
Avvicinandosi il 7 agosto, quando si riunirà il «Tavolo Automotive» convocato dal ministro Adolfo Urso, Tavares ha affermato che «non c'e ragione per cui non ci sia un accordo con il governo al quale abbiamo fornito risposte che mirano a contribuire a creare valore per il Paese».
Il ministro, da parte sua, resta però fermo sulla posizione riguardante il prossimo piano incentivi. «Abbiamo tutte le condizioni per attrarre i costruttori - ribadisce Urso - e le risorse devono andare a chi produce nel Paese. Il nostro sarà un piano a tutela della componentistica italiana».
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