Anche il candidato presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, attacca Stellantis e, indirettamente, il suo ad Carlos Tavares, peraltro già nel mirino di Shawn Fain, leader del sindacato Uaw.
Nel caso tornasse a occupare lo Studio Ovale, dopo l'esito delle elezioni imminenti, Trump ha fatto sapere che applicherebbe a Stellantis una tariffa del 100% per veicolo come ritorsione al trasferimento di posti di lavoro in Messico.
È quanto riporta l'agenzia Reuters a proposito del comizio che il tycoon ha tenuto nel Michigan. «Dite a Stellantis - l'avvertimento di Trump - che se hanno intenzione di trasferirsi, applicheremo loro una tassa del 100% su ogni auto... e non si trasferiranno». L'ex capo della Casa Bianca si è rivolto a Stellantis ma, indirettamente, il messaggio riguarda anche Ford e General Motors. La divisione Usa di Stellantis e i due gruppi americani concorrenti producono infatti da tempo in Messico, Paese che in base a vecchi accordi commerciali consente di esportare liberamente in Nord e Sud America i veicoli sfornati, per di più con costi di produzione inferiori.
Da parte sua, l'impianto messicano in piena espansione, un tempo di proprietà Chrysler, poi passato a Fca e dal 2021 a Stellantis, terminata anni fa la produzione della Fiat 500 elettrica, vede nascere il motore a 8 cilindri, i pick-up della gamma Ram, la serie Wagoneer di Jeep e il veicolo commerciale ProMaster, la versione Usa di Ducato. Il monito di Trump segue la volontà di Stellantis di rendere più competitivo l'impianto centroamericano, a scapito però delle realtà produttive di Sterling Heights, nel Michigan, e di Warren, in Canada (1.100 le posizioni tagliate recentemente).
Tra Stellantis e il sindacato Uaw la tensione è altissima viste le riduzioni dei posti di lavoro negli Usa e la richiesta all'ad Tavares, anche per vie legali, di tener fede agli impegni presi sugli investimenti nelle fabbriche. E ora, a rendere la situazione ancora più incandescente, ecco i tentativi del gruppo di spostare alcune produzioni di vetture altrove, nella fattispecie in Messico, «per ragioni soprattutto di efficienza».
La minaccia di Trump, se eletto alla Casa Bianca, non fa altro che aggravare una situazione che vede Stellantis già in rotta di collisione con il governo e i sindacati italiani, le organizzazioni dei metalmeccanici francesi, la rete dei concessionari europei nonché i costruttori del Vecchio continente riuniti in Acea.
La mossa del tycoon è anche ovviamente da inquadrare nella campagna elettorale agli sgoccioli e all'intenzione di calamitare consensi tra i lavoratori di Stellantis. Non è un mistero, in proposito, che Fain, presidente del sindacato Uaw, sia dalla parte dell'altra candidata alla Casa Bianca, Kamala Harris, e accusa Trump di attuare una politica che guarda ai più ricchi e non alle fabbriche. Ma tra gli operai del Michigan c'è anche chi vede in Trump un elemento di svolta in nome dello slogan «America first».
Stellantis ha archiviato un terzo trimestre 2024 segnato, per quanto riguarda gli Usa,
dalle azioni messe in campo al fine di ridurre le scorte di veicoli. Da qui il calo delle consegne (-36%), ma l'invenduto è stato tagliato di 80mila unità a 330mila, in linea con gli obiettivi di -100mila entro novembre.
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