Cosa rischia chi ha chiesto il Superbonus

Il valore delle opere supera di gran lunga le stime e la cessione dei crediti arranca. I rischi ricadono sulle spalle di imprese edili e cittadini. Ecco la situazione

Cosa rischia chi ha chiesto il Superbonus

Da quando è stato introdotto a maggio del 2020 (sotto l’egida del governo Conte II), il Superbonus ha creato diversi problemi. Figlio di una legge perfettibile, secondo la Corte dei conti, fa parte di quelle che vengono chiamate “misure distorsive”, perché c’è il rischio che ne possa beneficiare anche chi non è ha pieno diritto e perché sono causa di importanti perdite di gettito.

La Corte di conti si è espressa a giugno del 2022, già forte dei dati secondo i quali, nel periodo 2020-2021, gli sconti e le cessioni hanno raggiunto la quota di 38,4 miliardi di euro. Il premier Mario Draghi non ha mai nascosto il suo disaccordo con il Superbonus, pur tuttavia evitando di abrogarlo proprio perché i danni per cittadini sarebbero stati ingenti.

La cessione dei crediti

La cessione dei crediti rimane un problema di difficile soluzione. Nonostante nel decreto Aiuti-bis il governo abbia espanso la rete dei soggetti autorizzati ad acquistare crediti fiscali, includendo i clienti aziendali delle banche stesse, a luglio sono stati censiti lavori edili conclusi in ragione di 28,2 miliardi di euro, con una spesa dello Stato stimata in 31 miliardi totali. Le opere che sono state ammesse però valgono in totale 39,8 miliardi il che, per lo Stato, si traduce in una spesa globale di 43,7 miliardi di euro.

Il rischio è che i cantieri in essere si blocchino per mancanza di fondi e, per quanto riguarda i cantieri già in stallo per lo stesso motivo, la situazione può persino peggiorare. Chi ha già ricevuto parte del credito per lo stato dell’avanzamento dei lavori, ossia quei cantieri che sono già stati conclusi al 30% o al 60%, potrebbe non riuscire a portare a termine le ristrutturazioni in corso e dovere restituire quanto ha ricevuto, con l’aggiunta delle sanzioni previste dalle norme.

Una situazione paralizzante per i cittadini, per le imprese edili e per l’ammodernamento degli immobili, ovvero le tre aree specifiche per le quali il Superbonus è stato creato. Va anche detto che non si tratta di una cosa nuova, l’instabilità dell’infrastruttura del Superbonus è ben nota e le soluzioni potrebbero essere altrettanto instabili.

I timori e i costi

Il cittadino può scegliere di cedere il credito all’impresa edile e ottenere così uno sconto sul costo dei lavori. In questo caso chi ha ricevuto il credito può cederlo a un soggetto autorizzato (tra i quali figurano banche, società finanziarie e compagnie di assicurazioni) il quale, a sua volta, può effettuare un’altra cessione del credito ad altri soggetti autorizzati. Se si tratta di una banca questa può cedere il credito alla rete formata dai propri clienti aziendali o partite Iva.

Questa misura, introdotta con il decreto Aiuti bis, allarga la capienza della cessione del credito ma potrebbe non essere abbastanza. All’incertezza ha contribuito anche l’Agenzia delle entrate la quale, con la circolare 23/E del 23 giugno 2022, ha sottolineato l’eventualità che i soggetti coinvolti nella rete delle cessioni possano essere considerati corresponsabili nel caso di illeciti. Inoltre, la circolare non aiuta a circoscrivere senza dubbio i perimetri all’interno dei quali il Superbonus è applicabile, soprattutto in relazione al reddito del richiedente e al costo dei lavori edili.

Le banche vogliono chiarezza, scrive oggi il Corriere della Sera nell’edizione cartacea, facendo notare che quando le cessioni riprenderanno, il loro costo sarà maggiore. Di fronte a una spesa pari a 100 e a un credito pari a 110, il richiedente otterrà 97,46 euro.

Il Super bonus 110% diventerà quindi Bonus 97,46%. Questo, scrive il Corriere, in base ai dati resi disponibili da Unioncamere e dall’Ordine dei commercialisti, i quali parlano di un costo medio dell’11,4% per cessione.

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