Tassi da usura: banca condannata risarcirà un imprenditore ingannato

Gli istituti di credito applicano abitualmente tassi di interesse da usura. Secondo i consulenti legali l'unica difesa è portare il proprio caso in tribunale

Tassi da usura: banca condannata risarcirà un imprenditore ingannato

L'Italia non è un paese per fare impresa. Se non bastassero le infrastrutture inadeguate e una burocrazia elefantiaca spesso anche le banche danno il loro contributo per affondare le aziende. Ottenere un prestito non è la parte più difficile, il peggio inizia quando l'istituto di credito pretende la restituzione del credito, soprattutto se lo fa applicando tassi da usura.

Dal 1996 una legge regola il limite oltre il quale i tassi applicati vengono considerati usurai. Nonostante ciò i tassi folli sono ancora una pratica costante. Un esempio tra tanti è il caso di un'azienda conserviera campana costretta a chiudere nel 2001 per la richiesta di 12 diversi istituti di restituire il denaro prestato. Grazie ai tempi rapidi della giustizia è arrivata la prima sentenza a favore dell'azienda. L'impresa è andata a picco a causa dei tassi ben più alti del limiti legali. Proprio l'eccedenza tra il tasso usuraio e quello legale ha provocato il default.

La rivincita in sede legale della ditta è stata resa possibile dalla Kipling, società di Ostuni specializzata in consulenza e procedure informatiche proprietarie certificative che permettono di sezionare i tassi applicati. Come ha detto a Libero il titolare Francesco Leo: "Si tratta di un tema delicato e il caso in questione è molto particolare e non è certo possibile generalizzare. Sono tanti gli imprenditori che ritengono di aver dovuto pagare tassi usurai, ma ogni caso fa storia a sé e va valutato con attenzione".

Concluso il processo penale con la condanna a un anno e due mesi di carcere del funzionario di una banca

nazionale, ora ci si dovrà spostare in sede civile per discutere di un risarcimento che la parte lesa ha stimato per 34 milioni di euro. Un primo passo in avanti. Ora bisogna soltanto aspettare il giudizio su altre undici banche.

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