Dopo una corsa durata due anni e mezzo, Tim e la sua rete fissa non sono più una cosa sola. Ieri, nelle sede di via Negri in presenza del notaio Carlo Marchetti, il gruppo guidato dall'amministratore delegato Pietro Labriola ha ceduto ufficialmente l'infrastruttura al fondo americano Kkr, che guida un consorzio a cui partecipano anche il ministero dell'Economia e il fondo italiano F2i. Come spiega la nota ufficiale, con la firma sono affluiti nelle casse del gruppo 14,2 miliardi di euro. Anche se, considerando i 400 milioni dei costi di separazione, il netto effettivo è di 13,8 miliardi. Il debito si sgonfia, dunque, fino a 7,5 miliardi (dai 21,4 pre-operazione) sgravando il nuovo corso dell'azienda di un importante fardello. Deconsolidati anche 400 milioni di anticipi che erano stati ricevuti per i lavori del Pnrr. L'operazione, tra contanti, debito e potenziali earn out principalmente collegati alle eventuali nozze con Open Fiber potrebbe arrivare a valere 22 miliardi.
La vecchia Tim aveva 37.065 dipendenti, ora gliene sono rimasti 17.281 (equivalenti a 16.135 dipendenti a tempo pieno). A FiberCop, la società della rete secondaria a cui è stata conferita la rete, andranno 19.784 dipendenti. Quest'ultima è ora interamente controllata attraverso Optics Bidco, la società veicolo del fondo Kkr. Secondo le indiscrezioni, le quote - tra dirette e indirette - dovrebbero essere 32,5% per il fondo Usa, a cui si aggiungono il Mef (20%), il fondo degli Emirati Arabi Adia (20%), il fondo pensione canadese Cpp (17,5%) ed F2i (10%). In ogni caso, l'1 agosto - insieme ai risultati del gruppo - saranno resi noti ulteriori dettagli riguardo al closing. I rapporti tra Tim e la società della rete saranno disciplinati da un contratto (chiamato Master Service Agreement) che durerà 15 anni, rinnovabile per altri 15, e sarà a condizioni di mercato.
Grande soddisfazione trapela dal Tesoro che, al pari del governo, ha appoggiato tutta l'operazione: «Il closing di oggi è il primo pezzo di un puzzle della soluzione degli storici problemi di questo paese e un passaggio chiave per il riassetto del sistema telecomunicazioni italiano», ha commentato il capo del Mef, Giancarlo Giorgetti. «Il governo interviene in un settore strategico, con una grande operazione di politica industriale che, tra l'altro, mette in sicurezza Tim e i suoi lavoratori». Ed esulta, logicamente, anche l'ad di Tim Labriola che è riuscito ad arrivare in fondo a un percorso tortuoso: «Raggiungiamo un traguardo che è anche un nuovo punto di partenza» è stato il commento dell'ad, «Primi in Europa, abbiamo scelto di separare l'infrastruttura dai servizi, per garantire lo sviluppo migliore, sostenibile e più rapido possibile». A Tim (ieri +1,12% in Borsa a 0,22 euro) resteranno l'infrastruttura mobile e i data center, oltre a Tim Brasil, la divisione della telefonia e quella dei servizi alle imprese.
Intanto, sempre ieri
sera, si è tenuta l'assemblea dei soci e il primo cda di FiberCop. L'ex numero uno di Ferrovie dello Stato, Luigi Ferraris, sarà il nuovo amministratore delegato mentre Massimo Sarmi è confermato alla presidenza del gruppo.
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