La patrimoniale, tanto cara (tra gli altri) al dottor Carlo De Benedetti, sarebbe una sciagura per il nostro Paese. Lo dicono gli esperti, lo pensano gli imprenditori e anche le banche. Un prelevamento forzoso dai conti correnti, senza quelle riforme di cui si parla da anni e mai effettivamente portate a termine, sarebbe drammatico per la nostra economia. L’Ingegnere, da sempre, si è mostrato favorevole a questa tassa, ricetta storicamente di sinistra. Intervenendo a Otto e Mezzo su La7 pochi giorni fa, ha infatti mandato un messaggio chiaro all’esecutivo giallorosso: "Una tassa patrimoniale sarebbe doverosa, ma questo governo non la farà". Parole che suonano come un monito.
Solo qualche mese fa, sempre a Otto e Mezzo, era stato lo stesso De Benedetti a spiegare, addirittura nei dettagli, la sua idea di patrimoniale: "Per risolvere il problema delle disuguaglianze sociali ci vuole una patrimoniale annuale come fa la Svizzera, dove non ci sono pericolosi comunisti. Penso a una tassazione sul patrimonio dello 0,8% annuo, che sarebbe giusta perché darebbe un segno nella risoluzione delle disuguaglianze. La patrimoniale è impopolare, ma è giusta".
Eppure l’idea di una tassa sul patrimonio non è certo così lontana da questo governo. Lo stesso premier, Giuseppe Conte, in una conferenza stampa avvenuta in piena pandemia, aveva messo sotto i riflettori i risparmi degli italiani con una frase che in poche ore scatenò il panico tra i contribuenti: "Siamo tutti consapevoli che in Italia c’è tanto risparmio privato, è uno dei punti di forza". In molti, in quella occasione, avevano messo nel mirino il presidente del Consiglio per quelle sue parole sibilline anche se molto vaghe e per nulla preoccupanti.
Ciò che è importante ribadire, però, è che lo scenario economico in caso di patrimoniale sarebbe drammatico. Ne parla oggi su Il Tempo, Angelo De Mattia, economista esperto che vanta una lunga carriera in Bankitalia. "Se si pensasse a misure di risparmio obbligatorio, allora basterebbe il ricordo della famigerata imposta del 6 per mille sui conti correnti deliberata dal governo Amato del 1992 per essere distolti dal solo pensiero di misure forzose", spiega. E non ha torto. Ciò che accadde allora è ancora ben presente nella memoria degli italiani.
Il crollo della fiducia nell’esecutivo fu immediato e totale. Ne seguì una massiccia fuga dei capitali all’estero. Non pochi cittadini prelevavano i propri risparmi dai depositi bancari il venerdì per poi ridepositarli il lunedì, temendo che durante il weekend venisse assunta un’ulteriore drammatica decisione. Il disorientamento fu tale che, venute meno la credibilità e l’affidabilità del governo, dovette essere la Banca d’Italia a farsi garante della correttezza dei comportamenti con una lettera inviata alle banche a firma del governatore, Carlo Azeglio Ciampi.
Poi De Mattia Continua: "Neppure nelle fasi successive degli anni seguenti, quando gli spread Btp-Bund sfiorarono gli 800 punti base, si pensò più a una patrimoniale. Allora fu la politica monetaria condotta dalla Banca d’Italia di Antonio Fazio che stroncò l’inflazione e le relative aspettative, riuscendo a fare abbassare i differenziali in questione che rapidamente arrivarono verso i 200 punti base". Una lezione che vale ancora oggi.
Insomma, per De Mattia e per molti economisti italiani (tra cui c’è qualcuno che mette anche in discussione questa Europa così com’è strutturata oggi) tutte le forme dei prelievi forzosi dai conti correnti costituirebbero una sciagura per i danni che provocherebbero, innanzitutto nel versante della fiducia e delle
certezze. Una patrimoniale costituirebbe un boomerang anche per le reazioni di investitori e operatori esteri. Mettendo in ginocchio la già fragile economia di questo Paese sferzata dalla crisi da coronavirus.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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