Maddalena Camera
Non c'è offerta a banda ultralarga senza contenuti. Questo pare essere il pensiero di Tim, dato che nel piano triennale che verrà presentato a marzo l'offerta per i contenuti è ritenuta strategica. Se tutti i player delle tlc hanno ormai una offerta per film e serie tv, quelli che li producono direttamente si contano sulle dita di una mano. C'è il colosso At&t negli Usa con Direct Tv che voleva comperare pure Time Warner e Telefonica con Digital+. Gli altri si accontentano di fare accordi con player del settore come Vodafone con Now tv (Sky) o Fastweb con Amazon Prime. Perché, dunque, tanto interesse da parte di una società di tlc con un mercato circoscritto come quello italiano, per produrre contenuti?
A spingere Tim nell'impresa è la sua controllante, Vivendi, che possiede Canal Plus. E quindi, nell'ottobre scorso, il cda aveva deliberato la creazione di una joint venture tra Tim Vision e Canal Plus sui contenuti. Un progetto costoso per Tim che della joint venture aveva l'80%, sceso poi al 60% quando Vivendi sperava ancora di sedare la «ribellione», sull'accordo, dei consiglieri indipendenti e del consiglio sindacale.
Purtroppo (per il gruppo francese) i termini migliorativi (per Tim) della joint venture non sono bastati a sedare la rivolta. Tanto che i rappresentanti della governance societaria si sono rivolti alla Consob, chiedendo che l'operazione venga approvata con la procedura dedicata alle parti correlate di maggiore rilevanza.
Il risultato è che ieri il cda Tim, presieduto Arnaud de Puyfontaine, ha stabilito che l'accordo verrà riproposto nei termini «consigliati». Sarà, dunque, costituito un apposito comitato, formato da tutti i consiglieri indipendenti e presieduto da Lucia Calvosa (indicata da Assogestioni), che guida anche il comitato rischi. Questo dovrà esprimere un parere vincolante. E dunque i termini della joint venture, che anche i piccoli azionisti di Asati avevano giudicato molto onerosi per Tim, andranno rivisti e la partecipazione di Tim potrebbe scendere al 20 per cento.
L'iter per arrivare all'approvazione dell'accordo non si prospetta breve. Di conseguenza si allontana la pace con Mediaset: il 27 febbraio c'è l'udienza della causa miliardaria avviata dal Biscione dopo che Vivendi si è rifiutato di acquistare la pay tv Premium, malgrado il contratto vincolante. Certo, il gruppo di Vincent Bolloré - primo socio di Tim con il 24% - potrebbe chiudere la questione anche pagando un risarcimento senza coinvolgere Tim. Che invece, nei desiderata di Bollorè, dovrebbe coinvolgere Mediaset nella joint venture con Canal Plus e acquistare dal Biscione 460 milioni di contenuti in quattro anni. Tra gli obblighi di Tim c'era anche quello di garantire alla joint venture un livello minimo di ricavi di 95 milioni al 2020.
Oggi l'ad di
Tim Amos Genish vedrà i sindacati per discutere il piano di ristrutturazione del personale: in ballo ci sono tra 5 e 10mila esuberi nell'arco del piano 2018-2020. L'incertezza pesa sul titolo: ieri in Borsa Telecom-1,63%.
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