È considerato il primo serial killer russo famoso in Occidente, noto per la sua brutalità e per la sua spietatezza. Un dettaglio tutt’altro che irrilevante, considerando che nello stesso periodo agirono assassini seriale del calibro di Andrej Čikatilo e Serhij Tkac. Conosciuto anche come lo strangolatore di Vitebsk, Gennady Mikhasevich è tra i più prolifici killer dell’ex Urss con 36 omicidi accertati tra il 1971 e il 1985. Ma, secondo molti esperti, il bilancio potrebbe essere molto più pesante: le vittime potrebbero essere più di 50.
Infanzia e adolescenza
Gennady Mikhasevich nasce nel villaggio di Ist, Oblast di Vitebsk, all’epoca Unione Sovietica, il 7 aprile del 1947. Non si hanno molte altre informazioni su infanzia e adolescenza, anche a causa della sua ritrosia a parlare del passato. Suo padre è un alcolizzato e sfoga spesso la sua rabbia contro di lui sin dalla tenera età, mentre la madre è spesso assente, interessata unicamente al suo andamento scolastico. Mikhasevich cresce in solitudine e a scuola è spesso vittima di bullismo, tra derisioni e botte. Socialmente isolato, non riesce a costruire rapporti con le ragazzine: il primo bacio lo darà solo all’università.
Il primo omicidio
Gennady Mikhasevich inizia a uccidere da giovanissimo. Il primo omicidio lo firma nel maggio del 1971, all’età di 24 anni. Rientrato a casa dopo aver prestato servizio militare, scopre il tradimento da parte della sua fidanzata, decisa a troncare il rapporto con lui e iniziare una nuova vita con un altro uomo. La notte del 14 maggio Mikhasevich deve prendere un autobus per Polack, città dove abitano i suoi genitori. Abbattuto per la fine dell’amore con la ex, pensa al suicidio fino a quando non incontra casualmente Ljudmila Andaralova. In quel omento esplode tutta la sua rabbia: strangola la giovane a mani nude fino a ucciderla.
La spirale di violenza
Ljudmila Andaralova è solo la prima di decine di vittime di Gennady Mikhasevich. Il secondo delitto avviene il 30 ottobre del 1971: un’altra donna assassinata senza pietà, questa volta gli infila una sciarpa con forza in gola. Il suo cadavere verrà recuperato nei pressi di Vitebsk. Ma la furia non si placa. Tra il 15 aprile e il 30 luglio del 1972 uccide altre due donne, sempre tramite strangolamento. Agisce sempre nella stessa zona, nella “sua” Vitebsk, ma nonostante ciò le autorità non collegano gli omicidi.
Gennady Mikhasevich continua a condurre una vita normale e nel 1973 si diploma in una scuola tecnica, per poi fare ritorno a Ist, dove inizia a lavorare presso l’azienda Disna. Passano due anni e lo strangolatore di Vitebsk torna a uccidere: la vittima è una giovane ragazza di Duj. Dopo averla soffocata, le lascia numerose ferite su tutto il corpo con un paio di forbici. In questa fase inizia a delinearsi il modus operandi: dopo averle attirate in luoghi solitari, strangola o soffoca le sue vittime e poi abusa sessualmente di loro. Non porta mai armi con sé, al massimo una corda. Deruba le sue vittime di denaro e oggetti di valore, che in alcuni casi regalerà alla moglie.
Lo strangolatore di Vitebsk (ma non solo)
Nel 1976 Gennady Mikhasevich si sposa e diventa padre di due figli, un maschio e una femmina. Apparentemente è un bravo padre di famiglia, astemio e senza vizi, un operaio metallurgico tutto casa e lavoro, l’unico svago era il volontariato. È inoltre molto attivo politicamente come membro del Partito Comunista, tanto da diventare un funzionario locale. Nasconde dunque alla perfezione il suo lato oscuro. Per evitare di commettere passi falsi, cambia anche la zona di azione e pesca le sue vittime dai villaggi di Koptevo, Ropno e Perhanščina.
Nel luglio del 1976 torna ad uccidere. Prima soffoca una donna adescata ad una fermata dell’autobus, poi strangola e stupra un’altra giovane. E non si ferma più: altre due vittime alla fine di ottobre, sempre con lo stesso modus operandi. Gennady Mikhasevich osa sempre di più e inizia a impossessarsi dei simboli delle vittime, come gli anelli nuziali. Uno di questi lo regala alla moglie, mentre un altro lo utilizza per fabbricare una protesi dentaria.
Gennady Mikhasevich decide di far trascorrere del tempo tra un omicidio e l’altro per non dare troppo nell’occhio. Il 26 agosto del 1978 uccide e stupra una ragazza conosciuta a una fermata del tram, poi torna a colpire un anno più tardi, sempre a Polack, e ancora nell’ottobre del 1980 a Ropno. Altre due vittime nel 1981, anno in cui decide di cambiare schema per gli omicidi: prova a sfruttare il suo fascino e quello della sua automobile, una Zaporozhets rossa, offrendo passaggi alle autostoppiste. Nel 1982 fa una carneficina: sei donne uccise tra luglio e ottobre.
Le indagini e l'arresto
Il nuovo modus operandi costa caro a Gennady Mikhasevich. Le indagini sulla serie di omicidi partono nel 1980: il giovane detective Nikolaj Ivanovič Ignatovič inizia a valutare la strada del serial killer fin da subito e nota che più testimoni citano la presenza di una Zaporozhets rossa nei luoghi degli ultimi avvistamenti. Gli investigatori cercano tra i possessori di quell’auto e verificano oltre 200 mila immatricolazioni. Preoccupato dalle mosse del detective, Gennady Mikhasevich prende parte alle indagini in qualità di volontario e riesce a spiare le loro mosse in anticipo.
Nonostante i progressi di Ignatovič, Gennady Mikhasevich continua ad uccidere: tra il 1983 e il 1985 uccide 12 donne tra Vicebsk, Polack e Lepel'. Nessuno sospetta di lui, anzi: in quegli anni vengono arrestate 14 persone innocenti. La svolta nelle indagini arriva grazie a un errore fatale dello strangolatore di Vitebsk: l’uomo invia una lettera anonima ai giornali locali – Business Vitebsk e Vitebsk Worker – per conto dell’immaginaria organizzazione clandestina dei “Patrioti di Vitebsk”, nata per uccidere donne lascive e comunisti. Messaggio rinvenuto anche nella bocca delle sue ultime due vittime. Le lettere però sono scritte a mano, consentendo agli investigatori di eseguire una perizia calligrafica sui residenti di sesso maschile della regione. Dopo l'analisi di 556.000 campioni e 312.000 passaporti, Gennady Mikhasevich viene arrestato. Gli approfondimenti sul suo conto confermano la tesi: è lui lo strangolatore di Vitebsk.
La condanna a morte
Dopo aver negato tutto in un primo momento, Gennady Mikhasevich confessa 43 omicidi e conduce gli investigatori in un pozzo dove aveva nascosto gli effetti personali delle vittime e soprattutto dove aveva sepolto alcune di loro.
Dichiarato sano di mente dagli psichiatri, al processo viene condannato a morte tramite fucilazione per 33 omicidi e un tentato omicidi. La sentenza viene eseguita il 25 settembre 1987: Mikhasevich muore all’età di 40 anni. Ma restano ancora oggi parecchi dubbi sull'esatto numero di omicidi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.