La Ubi Banca di Victor Massiah ha firmato l'accordo sui 398 esuberi post salvataggio di Banca Marche, Etruria e CariChieti: 50 milioni circa il costo lordo dei prepensionamenti volontari, di cui 74 già concordati nelle tre banche ponte, tramite il Fondo esuberi, a fronte di 132 assunzioni e della stabilizzazione dei precari. Ma questo è solo il primo passo per ristabilire la pace nel mondo del credito che, considerando solo gli ultimi piani industriali, accompagnerà la profonda trasformazione in atto e la conseguente chiusura di 7mila sportelli, affidando all'Inps entro il 2021 altri 22mila bancari.
Almeno tre, infatti, le partite più insidiose aperte. A partire da quella di Carige, dove è in corso uno scontro frontale sui quasi mille tagli previsti dal piano industriale firmato dall'ad Paolo Fiorentino insieme al rafforzamento patrimoniale da un miliardo (di cui 560 milioni di aumento di capitale) imposto dalla Bce. Cui si aggiunge il tavolo ancora aperto con la Intesa Sanpaolo di Carlo Messina, per gestire gli esuberi conseguenti all'acquisto da parte di Ca de' Sas della parte sana delle «ex» popolari del Nord est: Veneto Banca e Popolare Vicenza.
Ma sono soprattutto le esternalizzazioni previste da Carige, con la cessione di rami d'azienda, che la Fabi di Lando Maria Sileoni, la Fisac di Agostino Megale, la Uilca di Massimo Masi e la First di Giulio Romani non intendono accettare: il 21 novembre sarà quindi sciopero e, per la prima volta, sono già pianificate assemblee capillari.
Quello di Carige è un argine agli occhi dei sindacati, perché rappresenta un «precedente politico», rispetto allo scontro in corso sul riassetto delle Bcc e quindi sui futuri equilibri di potere dell'intero settore. Nel credito cooperativo si parla infatti di far ricadere sui suoi 37mila dipendenti, la metà dei costi necessari per i 5mila prepensionamenti attesi. E a dicembre 2018 bisognerà mettere mano al contratto nazionale Abi, quello cioè delle «grandi» banche del Paese, oltre a gestire il rinnovo dei vertici della stessa lobby di Palazzo Altieri (previstyo a maggio 2018). «Mi auguro che il presidente Antonio Patuelli sia confermato.
È necessaria una sintesi tra gli interessi dei piccoli gruppi e quelli dei grandi, che consenta di mantenere i livelli occupazionali», sottolinea Sileoni. A queste condizioni, precisa, «siamo disponibili a sederci al tavolo per rivedere un contratto che oggi solo in parte rappresenta la nuova organizzazione» del settore.
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