Unicredit si oppone alla Bce ma il governo non condivide

L'istituto milanese contesta il diktat di Francoforte sui tempi di uscita da Mosca. Palazzo Chigi preferisce restarne fuori

Unicredit si oppone alla Bce ma il governo non condivide
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Il governo Meloni ha fatto sapere informalmente di non essere coinvolto in alcun modo nella richiesta di chiarimenti presentata da Unicredit alla Corte di Giustizia Ue riguardo i termini fissati dalla Bce per l'uscita dalla Russia. Lo scorso primo luglio, infatti, l'istituto guidato da Andrea Orcel ha presentato un ricorso per avere chiarezza sugli «obblighi stabiliti dalla Banca centrale europea sulla ulteriore riduzione dei rischi associati alle attività in Russia».

Da due anni gli istituti europei sono pressati da Francoforte per ridurre gli attivi nel Paese guidato da Vladimir Putin, proprio per dare un segnale di ostilità nei confronti dell'invasore dell'Ucraina. Unicredit, tuttavia, con 56 filiali alla fine del 2023 e un personale a tempo pieno di circa 3.150 persone, ha eseguito un progressivo derisking senza abbandonare sic et simpliciter Mosca e dintorni.

Alla metà di giugno la Bce ha scritto a tutti gli istituti europei ancora operanti in Russia affinché accelerassero l'uscita. Piazza Gae Aulenti, dal canto suo, ha reso noto di aver ridotto del 91% (5,6 miliardi) l'esposizione transfrontaliera e, come ha detto Orcel, «in 15-18 mesi l'esposizione sarà azzerata». Di qui la decisione di rivolgersi alla Corte di Giustizia Ue per avere una timeline certa che eviti il rischio di pesanti sanzioni (il management locale, inoltre, potrebbe rischiare penalmente; ndr) che potrebbero avere effetti sul conto economico.

Il governo, tuttavia, non può in nessun modo prendere posizione a favore dell'istituto italiano. In primo luogo, perché in una fase delicata come quella attuale (con una Commissione Ue ancora tutta da decidere), si schiererebbe contro una delle principali istituzioni comunitarie come la Bce. In seconda istanza, smentirebbe l'attività di moral suasion del governatore Panetta che, anche pubblicamente, ha sollecitato le banche italiane presenti in Russia a smobilitare (Intesa ha incontrato ostacoli burocratici ma ha organizzato un management buyout della sua filiale; ndr). Ultima ma non meno importante, c'è anche una questione «politica» da non sottovalutare: Palazzo Chigi è ancora «scottato» dalla sostanziale inazione di Unicredit nei confronti di Mps la cui privatizzazione a tranche procede bene, ma che con un acquirente esterno sarebbe già cosa fatta.

Tale presa di posizione (come detto, non ufficialmente confermata sebbene effettiva) mette in un cono d'ombra anche il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani che aveva sostanzialmente appoggiato la mossa di Unicredit sottolineando che «la Bce deve tenere conto della situazione nella quale operano le aziende italiane in Russia». Unicredit, infatti, ha già subito un sequestro di 463 milioni per non aver ottemperato come garante alla realizzazione di un impianto di trattamento del gas naturale liquefatto dopo che la tedesca Linde, vincitrice della commessa, e gli altri due finanziatori, Deutsche Bank e Commerzbank si erano ritirati.

Per Piazza Gae Aulenti 463 milioni non sono una tragedia ma i rischi regolatori e reputazionali, dovendo avere a che fare, con la temibile governatrice della banca centrale, Elvira Nabiullina, non sono da sottovalutare.

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