Segnali di forza dall'economia a stelle e strisce. Il mercato del lavoro statunitense torna a macinare nuovi posti di lavoro a ritmi sostenuti e la disoccupazione cala, riflettendo un quadro più solido per la prima economia mondiale. Una sponda per una Federal Reserve più riflessiva nel percorso di riduzione dei tassi dopo il taglio dello 0,5% del mese scorso.
I nuovi posti creati sono stati 254mila a settembre, ossia il ritmo più alto dal marzo scorso e ben sopra i 140mila previsti dagli economisti. Il traino arriva da tre segmenti: tempo libero e ospitalità (+78mila), istruzione privata e sanità (+81mila) e governo (+31mila), con la maggior parte dei nuovi impieghi che risulta part-time. A sorprendere in positivo è anche la discesa del tasso di disoccupazione dal 4,2 al 4,1 percento. Il Dipartimento del Lavoro statunitense ha anche rivisto le letture di luglio e agosto per totali 72mila posti di lavoro in più rispetto a quanto indicato in precedenza. A settembre si è poi surriscaldata la crescita salariale, un'importante misura delle pressioni inflazionistiche. I salari segnano infatti un +4% annuo dal 3,9% precedente con un balzo mensile dello 0,4% che potrebbe indurre la Fed a togliere il piede dall'acceleratore nel percorso di riduzione dei tassi.
In questa direzione va l'avvertimento lanciato da Mohamed El-Erian alla Federal Reserve di rifocalizzare l'attenzione sulla lotta contro l'aumento dei prezzi. «L'inflazione non è morta», ha detto l'ex numero uno di Pimco e attuale capo consigliere economico di Allianz, che suggerisce al presidente della Fed Jerome Powell un approccio più bilanciato tra ricerca della massima occupazione e contenimento delle pressioni inflattive.
I riscontri arrivati ieri vanno quindi tutti nella direzione di smontare la tesi di un nuovo maxi-taglio dei tassi nel prossimo meeting a novembre. «Questi dati sembrano annullare le aspettative ultra-dovish di alcuni partecipanti al mercato su una Fed che potesse abbassare il costo del denaro di mezzo punto percentuale a ogni meeting prima della fine dell'anno», conferma Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia.
I mercati hanno reagito positivamente con una Wall Street tonica.
A mettersi in evidenza sono stati soprattutto i titoli bancari, sia statunitensi che di riflesso quelli europei, i principali beneficiari di un percorso meno veloce di normalizzazione dei tassi di interesse. Reazione molto decisa quella del dollaro, balzato ai massimi a sette settimane con il cambio euro/dollaro tornato sotto quota 1,10.
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