La verità sull'assegno: quanto si perde con quota 102

Una soluzione transitoria e di mediazione per poi tornare a discutere di una riforma organica delle pensioni con i sindacati. Cosa è quota 102

La verità sull'assegno: quanto si perde con quota 102

Quota 102 solamente per un anno, il 2022, è stata la proposta del governo Draghi nel corso della cabina di regia con le forze di maggioranza sulla manovra. Si tratterebbe di una soluzione transitoria e con duratura limitata con l'obiettivo di aprire a gennaio un tavolo con Cgil, Cisl e Uil per discutere di una riforma organica delle pensioni. Si vuole rivedere la legge Fornero e garantire maggiore flessibilità.

Inoltre, in aggiunta alla quota transitoria valida per dodici mesi sarà istituito un fondo ad hoc di 500milioni di euro per traghettare i lavoratori penalizzati dai nuovi requisiti e per rendere possibile l'uscita anticipata dal mondo del lavoro le vecchie regole di quota 100.

Superata quindi Quota 100. La Lega promette di non fare barricate soprattutto grazie al miliardo e mezzi stanziato per ammorbidire il ritorno al sistema disegnato dalla legge Fornero.

Quando si va in pensione

Si andrebbe in pensione a 64 anni con almeno 38 anni di contributi. Quota 102 è la soluzione sulle pensioni individuata in cabina di regia e che va alla ricerca di un equilibrio. In particolare, quello che garantisce sostenibilità al sistema pensionistico e che consente di ragionare per il futuro di nuovi interventi più mirati al sistema delle quote. La soluzione è stata fortemente voluta dal Presidente del Consiglio Mario Draghi il quale ricerca la gradualità di un ritorno al sistema ordinario.

Il meccanismo, per quanto riguarda gli importi della pensione, di quota 102 è lo stesso di quota 100. A cambiare è soltanto la somma tra l'età anagrafica e gli anni contributivi: 64+38 anziché 62+38. Sono circa 50mila i lavoratori che, a partire dal primo gennaio 2022, potranno andare in pensione. Nell'importo della pensione non ci sono penalizzazioni, se non quelle dovute al montante contributivo e all'anticipo di uscita. Stando a una prima simulazione apparsa sul Messaggero, coloro che hanno una retribuzione lorda di 30mila euro (1.650 euro di netto mensili) perderebbero dai 40 ai 160 euro rispetto all'assegno pensionistico pieno che avrebbero incassato. Chi guadagna 50mila euro annui invece perde tra i 100 e i 210 euro.

Opzione donna e Ape sociale

Durante la riunione tra le forze di maggioranza è stata confermata la volontà di prorogare per un anno Opzione donna e l'Ape sociale, allargata anche alle categorie di lavoratori che svolgono impieghi usuranti.

Opzione donna dà la possibilità alle lavoratrici dipendenti con almeno 58 anni o le autonome con 59 anni e 35 di contributi versati, di andare in pensione una volta decorso un anno di finestra mobile.

L'Ape sociale invece può essere

sfruttata da coloro che raggiungono i 63 anni e hanno meno di 38 anni di contributi, almeno 30 se si è disoccupati e si è esaurita la Naspi da almeno tre mesi. O 36 se si chiede il sussidio per aver svolto un'attività usurante.

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