Ieri, Francesco Giavazzi, economista e editorialista del Corriere della Sera, ha sostenuto che, in buona sostanza, se Berlusconi non fa immediatamente un decreto legge per mandare a casa Antonio Fazio, il governatore della Banca d'Italia, vuol dire che Berlusconi stesso ha a che fare con tutto il caos nel quale è sospettato di essere implicato Fazio. La questione Fiorani e compagnia bella, tanto per intendersi.
Se Berlusconi la fa, bene, «altrimenti - ha scritto l'illuminato professore - c'è chi penserebbe al peggio, sospettando che le ragioni per cui da mesi Berlusconi tentenna possano essere chiarite negli atti dei giudici, durante le indagini su Fazio». Le ipotesi sono due.
La prima è che il professore creda effettivamente a quello che ha scritto. E la logica è chiara. Tutti colpevoli salvo chi riesca, eventualmente in un processo (ma potrebbe essere anche superfluo), a dimostrare che è innocente. Si chiama presunzione di colpevolezza. Evidentemente il professor Giavazzi, rapito dal sacro fuoco della materia della quale è esperto, l'economia, sorvola sul diritto. E va be.
Perché - veda il professor Giavazzi - nel nostro piccolo, anche su questo Giornale, e ripetute volte, è stato scritto che il Governatore avrebbe dovuto fare un passo indietro e che il governo avrebbe dovuto fare la legge sul risparmio meglio e prima. Lo pensavamo prima e lo pensiamo oggi. E riteniamo anche che il centrodestra abbia perso un'occasione ottima per raccogliere il consenso dei molti italiani truffati dalla Cirio e dalla Parmalat. Abbiamo spesso apprezzato gli articoli del professor Giavazzi nei quali spiegava dottamente come e perché andava fatta questa riforma. Si trattava di un professore noto internazionalmente e apprezzato che esprimeva le sue opinioni e arricchiva il dibattito con posizioni spesso originali e costruttive. Prima. Da ieri siamo venuti a conoscenza di un professore diverso: che non scrive più apportando del nuovo ma insinuando, lasciando capire, quasi minacciando, facendo intuire di sapere ma non dicendo chiaramente nulla. Insomma facendo qualcosa che, in Italia, fanno in altri centomila e tra i quali, magari, c'è anche un altro Francesco Giavazzi, un suo omonimo. Sì, e ci scusi il professore, perché così, il problema, può essere trattato da chiunque non abbia voglia di stare a ragionare tanto sulle cose e parli, magari al bar, per passare un po' di tempo. Speriamo di rileggere presto il primo Giavazzi.
La seconda ipotesi (e si potrebbe anche collegare alla prima) è che, essendo in campagna elettorale, ognuno fa i suoi conti, i suoi giochi, le sue strategie. Tutto legittimo per carità. Ci limitiamo a notare che il giorno prima il direttore del Corriere della Sera, legittimamente - per carità -, aveva attaccato pesantemente i Ds. E il giorno dopo, secondo uno stile che non è quello abituale, il professor Giavazzi lo fa con il presidente del Consiglio, nonché leader di Forza Italia. Due colpi, due partiti. Ci rimane posto per cosa? Per un governo di illuminati con una luce così forte da bruciare, anticipatamente, tutto quello che c'è intorno.
Legittimo anche questo. Sarebbe gradito se si potesse, in futuro, evitare quello spettacolo che ci è stato fornito la scorsa estate quando si voleva difendere il Corriere come l'ultimo baluardo del giornalismo super partes.
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