
«Siete stati una delle colonne portanti dell'intero Paese. A voi qui presenti e ai vostri colleghi di tutta Italia vanno la mia stima e il mio grazie sincero». Era il 20 giugno 2020, l'emergenza Covid era ancora più viva che mai e Papa Francesco volle ricevere in udienza privata una sessantina di medici, infermieri e operatori sanitari provenienti dalla Lombardia, tra le regioni più colpite. Le immagini choc delle bare portate via da una colonna di camion dei militari a Bergamo fecero il giro del mondo. Il governatore Attilio Fontana guidava la delegazione, con lui c'era l'ex assessore al Welfare - oggi consigliere regionale di Forza Italia - Giulio Gallera, in prima linea durante la pandemia. Bergoglio ricordò come i pazienti «hanno sentito spesso di avere accanto degli angeli, che li hanno aiutati a recuperare la salute, li hanno consolati, sostenuti, a volte accompagnati fino alle soglie dell'incontro finale con il Signore». Gallera, 56 anni, era a Boston lunedì quando ha saputo della morte di Papa Francesco. Stava per affrontare «una fatica» e «la conquista di un sogno», indossare il «medaglione» di finisher delle Abbott World Marathon Major, un circuito di sei maratone da 42 km e 195 metri tra le più prestigiose e famose al mondo. La sua impresa è iniziata nel novembre 2022 a New York, è proseguita ad aprile 2023 a Londra, terzo traguardo a Berlino (settembre 2023), ottobre 2024 a Chicago, lo scorso marzo Tokyo («dove faceva caldissimo, avevo avuto da poco un malore alla maratona di Milano e mi sono frenato» racconta) e infine Boston, chiusa «con un tempo per me pazzesco», 4 ore un minuto e 54 secondi, «è stata la più dura di tutte, con grandi salite e discese», ma anche «la più emozionante, siamo stati accompagnati da un tifo pazzesco lungo tutto il percorso, centinaia di ragazzini davanti ai college fuori città e poi fino al traguardo». Dedica l'impresa al Papa, e non è un modo di dire. «Abbiamo corso portandolo nel cuore - racconta -. Tra l'altro, come nella corsa il tema è essere sempre costanti, stringere i denti, affrontare la fatica, il Pontefice fino all'ultimo ha dato una grande prova di resilienza al dolore. É stato un esempio per tutti, fino agli ultimi giorni ha voluto essere vicino ai fedeli o ai detenuti in carcere». É stato «sempre vicino ai fragili, ai sofferenti, a chi si dava da fare per gli altri».
Con un po' di commozione, ricorda quell'udienza privata del 2020 in Vaticano, «stavamo alzando leggermente la testa dopo la prima ondata della pandemia ma eravamo provati e non sapevamo cosa avremmo dovuto ancora affrontare - ammette Gallera -. Tutti eravamo sopraffatti dalla fatica, da un senso di impotenza per le morti, anche dalle polemiche assurde sulla gestione dell'emergenza. Aveva voluto incontrarci, nella delegazione c'erano anestesisti, infermieri, chi lavorava nelle camere mortuarie o chi prestava soccorso come volontario della protezione civile». Lo ricorda come «un momento molto intenso e toccante, il Santo Padre mi ha fatto sentire la sua vicinanza e la comprensione per la fatica, l'impegno e la sofferenza che avevamo vissuto e stavamo vivendo». Papa Francesco «ci disse state seduti, passo io salutarvi uno a uno, e fece il giro dedicando due o tre minuti a ciascuno di noi.
Quando fu il mio turno gli confessai che sentivo un peso durissimo,la fatica, l'angoscia per i morti. Mi disse dovete essere orgogliosi di quello che avete fatto. Le sue parole sono state un sollievo, è come se avesse voluto toglierci un peso dal cuore. Non lo dimenticherò mai».
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