Ignazio Mormino
Il «Frank Volhard» è il decimo o lundicesimo premio internazionale che viene assegnato al professor Giuseppe Mancia, cattedratico nellUniversità di Milano; ma questo gli è particolarmente gradito perché arriva dalla Società internazionale dellipertensione, di cui è stato a lungo presidente.
Nella lettera inviatagli dal professor Alderman, si precisa che la Commissione ha giudicato «nuove, originali e stimolanti» le sue ricerche sul controllo nervoso della circolazione sanguigna, premiandole con il «Volhard».
Il prestigioso premio sarà consegnato al professor Mancia martedì 17 ottobre, durante il congresso mondiale sullipertensione, a Fukuoka, in Giappone. In quelloccasione, Mancia terrà una lezione magistrale. Sullipertensione, naturalmente. Cominciò ad occuparsene quando era laureando, a Siena, sotto la guida di un maestro indimenticabile, il professor Cesare Bartorelli, che lo portò poi a Milano.
«Questo premio», dice «mi riporta a quegli anni, alla mia tesi di laurea in neurofisiologia. Studiavo allora le alterazioni del circolo che avvengono durante il sonno; mi occupo ancora di questi problemi, per esempio delle risposte circolatorie alle emozioni, molto più importanti di quanto si pensa».
Ipertensione come scelta e come destino. Le ricerche condotte dal professor Mancia (non solo in Italia ma anche negli Stati Uniti dAmerica, durante gli stage alla Mayo Clinic e alla Virginia University) restano un punto di riferimento essenziale per tutti coloro che vogliono conoscere la storia naturale - e quella «deviata» - dellipertensione arteriosa.
È arcinota la sua intransigenza. Se «gli altri» si accontentano dei vecchi parametri (140 di massima e 90 di minima) Mancia ribatte che bisogna essere più severi: 120 di massima e 70 di minima. Ecco perché: «È molto frequente che liperteso sia un soggetto a rischio, diabetico, fumatore, con troppo colesterolo cattivo nel sangue, stressato. Per questo dobbiamo attestarci su valori pressori rassicuranti: nel caso (raro) di pazienti che non hanno altri fattori di rischio, possiamo accettare la contrapposizione 80-130, però senza altre concessioni».Unaltra presa di posizione controcorrente è il rifiuto di ritenere miracolosa la prevenzione. «Facciamo pure prevenzione», dice Mancia «ma senza grandi illusioni. Con la prevenzione, in novanta casi su cento, riusciamo soltanto a posticipare gli eventi fatali, non ad evitarli».
Proprio in questi giorni, in questi mesi, oltre a seguire lo studio «Pamela» (duemila soggetti sotto controllo da più di 12 anni), il professor Mancia si sta dedicando a una ricerca che riguarda pazienti portatori di alterazioni pressorie associate ad alterazioni del metabolismo lipidico. Sul futuro: «Abbiamo il dovere di essere ottimisti, perché disponiamo di farmaci molto efficaci che bisogna comunque saper impiegare».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.