Eolico, patrimonio nazionale da ammodernare al più presto

Rinnovare le tecnologie permetterebbe di ridurre le torri, sostituendole con altre più efficienti. Ma serve una semplificazione normativa

Riccardo Cervelli

Il vento è una delle fonti energetiche più disponibili e pulite. L'eolico rappresenta uno dei modi più efficaci per ridurre le emissioni di gas serra, aumentare la percentuale di energia derivante da fonti rinnovabili, ridurre la dipendenza dai Paesi esportatori di combustibili fossili. E in questo campo l'Italia non è affatto un Paese arretrato. L'eolico è presente nel mix energetico nazionale dagli inizi del nuovo Millennio e vede impegnati operatori di rilievo, spesso anche internazionale. Tra i nomi svettano Erg Renew, Enel Green Power, E2i Energie Speciali e Falck Renewables, che sono anche tra i firmatari di una recente «Carta del rinnovamento eolico sostenibile» che si propone di costituire un punto di riferimento per i futuri percorsi di elaborazione normativa dei parchi eolici già presenti nel nostro Paese che presto avranno bisogno di ammodernamento.

Il settore, infatti, si trova di fronte al problema della mancanza di regole che facilitino interventi di questa natura sugli impianti già costruiti per salvaguardare e capitalizzare un vero patrimonio nazionale. Gli aerogeneratori sono tecnologie molto sofisticate e in continua evoluzione. «Ogni tre o quattro anni spiega Simone Togni (prima foto), presidente di Anev, l'Associazione delle imprese del comparto eolico vengono introdotte nuove turbine con una capacità molto maggiore di trasformare il movimento prodotto dal vento in energia elettrica». «In Italia fa notare Alessandro Marangoni, ad di Althesys (seconda foto), società di ricerca e consulenza in campo energetico - vi sono impianti eolici con oltre 10 anni di vita, pari a una potenza installata di circa 2.000 MW. Stante l'attuale quadro normativo, ricostruire un impianto esistente richiede più o meno la stessa procedura necessaria per installarne uno nuovo su un prato verde».

Questo porta molti operatori a non essere incoraggiati a investire nell'ammodernamento dei parchi eolici in via di obsolescenza o a fine vita». Secondo Togni, «nei prossimi cinque anni ci sono 5.000 aerogeneratori che potrebbero essere sostituiti con 1.500 impianti in grado di produrre lo stesso livello di potenza». «Sarebbe un paradosso interviene Marangoni non incentivare l'installazione di impianti nuovi che riducono il consumo di suolo e l'impatto ambientale». Meno aerogeneratori, anche se di taglia leggermente più grande, ma costruiti con design e materiali più moderni ed ecocompatibili, contribuirebbero anche a ridurre l'effetto «selva» che si nota in alcuni territori dove, ormai, continua l'ad di Althesys, «queste torri fanno già parte del panorama. Inoltre, si potrebbe continuare a sfruttare le infrastrutture di viabilità e di connessione alla rete elettrica nazionale già esistenti». L'eolico è un componente fondamentale del mix rinnovabili e molti Paesi compresa la Francia hanno aumentato gli obiettivi di produzione elettrica attraverso questa fonte. «Quando si parla di innalzamento della quota di generazione energetica da rinnovabili dall'attuale 40 a circa il 50% entro il 2030 (più o meno è quello che verrà richiesto all'Italia per la realizzazione degli obiettivi approvati dalla conferenza Cop21 di Parigi, ndr) chi non è addetto ai lavori dice il presidente di Anev è portato a pensare che il problema sia solo quello di aumentare del 10% le rinnovabili. Invece va pensato anche come mantenere l'attuale 40%.

Per questo stiamo proponendo di semplificare le normative in modo da incentivare l'ammodernamento dei parchi eolici attuali». Un processo che porterebbe anche benefici economici, in termini di occupazione e riduzioni dei costi di produzione dell'energia. Diminuzioni che potrebbero tradursi in risparmi sulle bollette.

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