Epifani boccia il cuneo fiscale «Non è lo strumento giusto»

Il segretario della Cgil: «Il governo parli di meno e si confronti di più. Servono interventi su Irap, pensioni e stipendi»

Gian Maria De Francesco

da Roma

Il taglio del cuneo fiscale non è lo «strumento giusto» per garantire contemporaneamente sviluppo dell’economia e un miglioramento delle retribuzioni dei lavoratori. Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha dettato così la linea al governo Prodi. E dopo le rassicurazioni ricevute lunedì scorso dallo stesso premier e dal ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, è ipotizzabile che l’esecutivo possa essere costretto a una nuova retromarcia rispetto ai programmi iniziali.
«Se si pensa di fare come si dovrebbe - ha dichiarato Epifani in un’intervista a Rassegna sindacale - un intervento, selettivo, equo e non “a pioggia”, il cuneo fiscale non è lo strumento giusto. Io credo che si debbano usare più strumenti. Una riduzione più contenuta del cuneo, un’operazione sull’Irap, una sul fisco per i redditi da pensione e da lavoro». Epifani è stato radicale. «Ci vuole un governo che parli meno e faccia più confronti. Poi si vede se si è condizione di assumere una decisione condivisa, ma è così che si fa», ha detto. Nel mirino anche la legge Biagi. Secondo il segretario della Cgil, infatti, bisogna «aprire un confronto che punti a riscrivere la legislazione sul lavoro» superando la «resistenza ideologica del sistema delle imprese».
Ma anche la Cisl non è disposta a fare sconti. «Se questo governo, al di là della forma, dovesse continuare nella sostanza allo stesso modo del precedente, la Cisl non ci mette niente a chiedere altri scioperi». Il segretario generale del sindacato cristiano, Raffaele Bonanni, all’indomani del vertice con l’esecutivo Prodi, ha sottolineato che il riavvio della concertazione non implica automaticamente l’accondiscendenza dei rappresentanti dei lavoratori.
Eppure il governo Prodi con i sindacati è stato accondiscendente lunedì scorso di fronte al loro catalogo di rivendicazioni: nessun risanamento dei conti pubblici attraverso una penalizzazione dei lavoratori, nessuna modifica dei tempi di entrata in vigore della riforma delle pensioni (semmai un abbattimento dello «scalone»), nessuna moderazione salariale e destinazione dei benefici di un eventuale taglio del cuneo fiscale anche ai salari. «Per noi non esistono governi amici o nemici. Il sindacato classifica come amico o nemico sulla base delle scelte che vengono fatte. Siamo disubbidienti come lo eravamo con l’altro governo», ha aggiunto Bonanni. E anche in tema di conti pubblici il segretario della Cisl ha spiegato che «a risanare si comincia andando a toccare le rendite finanziarie e combattendo l’evasione fiscale».
Sul nuovo esecutivo, quindi, pende la spada di Damocle sindacale. La singolare situazione non è sfuggita a Europa, il quotidiano della Margherita. In un editoriale pubblicato ieri Cgil, Cisl e Uil sono state ampiamente criticate per l’autodafé imposto al governo. La difesa del meccanismo dei contratti, «fatti apposta per penalizzare chi rimane fuori» dal mondo del lavoro, viene definita «discutibile». Il governo, secondo Europa, «non può farsi arrestare dal primo veto di un sindacato, sia pure “amico”».
In un simile contesto potrebbe trovare qualche difficoltà anche l’apertura al dialogo della Uil. Il segretario Luigi Angeletti ieri ha ribadito che «la legge Biagi va corretta ma non abolita» magari aumentando il costo del lavoro flessibile in modo che sia «utilizzato solo quando necessario». Per quanto riguarda il tema pensioni, Angeletti ha precisato «bisogna rendere conveniente restare al lavoro il più possibile. Cioè favorire comportamenti considerati utili e virtuosi». Il numero uno della Uil ha aggiunto che la priorità più impellente del prossimo Dpef è «la riduzione delle tasse sul lavoro». Una linea diacronica rispetto a Cgil e Cisl.
Domani, infine, è in agenda l’incontro tra il governo e Confindustria. I temi sono gli stessi affrontati con i sindacati così come è nota l’attitudine del presidente Luca Cordero di Montezemolo, contrario all’attuazione di una politica che anteponga il risanamento delle finanze pubbliche allo sviluppo economico.

«Questa ripresa va sostenuta mettendo l’impresa al centro», ha ripetuto ieri Montezemolo che ha valutato positivamente lo spirito dialogante dell’esecutivo Prodi. Ma dopo aver fatto retromarcia con i sindacati il Professore potrà garantire agli imprenditori il taglio del cuneo promesso in campagna elettorale?

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