Nella fisica del Novecento, Georges Lemaître è un'eccezione. Nasce a Charleroi, in Belgio, nel 1894, frequenta il collegio dei gesuiti della sua città e poi si trasferisce a Lovanio, per studiare matematica e fisica nella prestigiosa Università cattolica, dove si laurea con Charles de la Vallée-Poussin, barone (nel senso di aristocratico) e grande matematico dell'epoca. Dopo la laurea entra in seminario e, nel 1923, diventa sacerdote. Insomma, come tanti scienziati che lo hanno preceduto, ma come pochissimi nel XX e XXI secolo, Georges Lemaître è un prete cattolico che vuole anche conoscere le leggi dell'universo: quindi prima va a Cambridge, presso l'osservatorio astronomico diretto da Arthur Eddington, poi al Mit di Boston, dove ottiene un dottorato nell'ambito della teoria della relatività di Einstein di cui si è interessato fin da subito. Infine ritorna a Lovanio, da professore: insegna all'università per quasi quarant'anni, fino al 1964, due anni prima della morte.
Ed è subito dopo essere tornato in Belgio che, a soli 33 anni, Georges Lemaître fa le scoperte che lo hanno reso così importante per la storia dell'astronomia e della fisica, tanto da essere considerato il «padre del Big Bang»; anche se, in realtà, l'invenzione del termine spetta al collega Fred Hoyle, che la utilizza per la prima volta nel 1949, per prendere in giro la teoria della grande esplosione primordiale...
«Lemaître è uno scienziato importantissimo, anche se la sua scoperta non viene resa nota nel momento in cui la compie perché, purtroppo, pubblica il suo lavoro in francese e quindi il suo articolo, diciamo così, viene letto poco» spiega l'astrofisico Massimo Capaccioli, per anni docente alle università di Padova e Napoli Federico II, dove è Professore emerito e autore di numerosi saggi, fra cui Lampi di genio. Nuove storie di uomini e stelle e C'era una volta nel cielo, entrambi editi da Carocci. L'articolo in questione esce nel 1927 sugli Annales de la Société Scientifique de Bruxelles ed «è fondamentale per due motivi» dice Capaccioli. Innanzitutto «usando le equazioni di Einstein, che manipola perfettamente, Lemaître riesce a costruire un modello di universo che non ha bisogno della forza repulsiva, che Einstein inventò nel '17 per costruire un universo in equilibrio statico, perché lo voleva simile a Dio... Ma, siccome la gravità è una forza attrattiva, Einstein inventa quella repulsiva per ripristinare l'equilibrio». Appena prima di Lemaître, il fisico russo Aleksandr Fridman ha scoperto che la forza repulsiva non è necessaria e sostiene le sue ragioni in un articolo che viene (assai) mal considerato da Einstein. Poco tempo dopo, «Lemaître - spiega Capaccioli - crea un modello che eredita alcuni elementi da Einstein ma utilizza un equilibrio dinamico per costruire un universo che si dilata nel tempo. A questo punto, lo scienziato belga osserva: se l'universo cresce nel tempo, che cosa succede se lo faccio andare indietro, verso il passato? Succede che l'universo si contrae, fino a condensarsi in un unico punto, caldissimo». E qui entra in gioco la seconda grande scoperta di Lemaître, che espone lui stesso ad un convegno, a Londra: «L'uovo primigenio - quello che sarà chiamato poi, per sberleffo, Big Bang - da cui tutto è nato. Una invenzione anche poetica, del resto è un bravissimo scrittore, un letterato, un grande divulgatore e ha inserito la meccanica quantistica nella cosmologia prima di tutti gli altri. È un prete cattolico, e l'uovo sa tanto di creazione: serve una gallina a farlo...».
Einstein, con cui pure è in ottimi rapporti, glielo rimprovera. Ma in effetti «questa idea, che era la conseguenza della risoluzione delle equazioni di Einstein sotto alcune ipotesi - dice Capaccioli - si sposa bene con quella cattolica di creazione. Eppure, quando Papa Pio XII cerca di appropriarsi del concetto, Lemaître, da prete, lo invita con garbo a non mescolare le carte...». Non è tutto: «Se l'universo è fatto in questo modo, allora gli oggetti si allontanano gli uni dagli altri e, se lo fanno in modo uniforme, allora quelli più lontani si allontanano più velocemente di quelli più vicini. E, per verificarlo, Lemaître va a misurare la velocità di recessione delle galassie». Qualche anno prima infatti, all'Osservatorio Lowell, in Arizona, Vesto Slipher si è accorto che le galassie sono in recessione, cioè hanno una velocità di allontanamento, non di avvicinamento. «Con queste informazioni, Lemaître raccoglie i dati e cerca di vedere se ci sia una relazione fra distanza e velocità di recessione degli oggetti: la trova, e la pubblica». Però in francese, e con una aggravante: quando Eddington gli chiede di tradurre l'articolo in inglese, inspiegabilmente il fisico belga tralascia l'equazione. L'intraprendenza di Edward Hubble, insieme ai mezzi potentissimi di cui dispone a Mount Wilson, fanno il resto: la legge diventa nota come «legge di Hubble». Però... «Nel 2018 l'Unione astronomica internazionale ha deciso, per votazione, di coattribuire la legge anche a Lemaître». Economia provvidenziale, si potrebbe pensare.
Fatto sta che nel 1964 Penzias e Wilson scoprono la radiazione cosmica di fondo, che è la prova dell'universo in espansione. «La cosmologia moderna ha più di un padre - spiega Capaccioli - e Lemaître è uno di essi. Con Friedman, Einstein e anche Hubble, sebbene quest'ultimo non dal punto di vista teorico ma osservativo; e con l'ucraino George Gamow, che individua il meccanismo per cui, in un universo primordiale caldo, si possono formare gli elementi: nasce così la cosmologia fisica, mentre prima la cosmologia era soprattutto matematica». In questo pantheon di scienziati, Lemaître spicca come «un genio tranquillo, che sa di esserlo e non ha bisogno di sgomitare, in mezzo a tanti colleghi che si considerano dei padreterni».
Un genio che «dà alla cosmologia dei passaggi fondamentali e anche le equazioni» per compierli, senza rinunciare alla propria eccezionalità: «Lemaître - conclude Capaccioli - è un ottimo fisico, un grandissimo matematico e anche un insegnante. Si divide fra la missione di prete e quella di scienziato, e ci riesce».
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