Milano - "Il mio animo è in letargo: si sveglia
per tre ore ogni 15 giorni. Quando arriva Rosa". Per Olindo
Romano, 47 anni, la moglie è un pensiero fisso. Come racconta a
Panorama in un’intervista esclusiva in edicola da domani, Olindo
Romano oggi è rinchiuso nel carcere di Parma, dove sconta la
condanna all’ergastolo (comminata in primo grado) per la strage
di Erba dell’11 dicembre 2006 nella quale furono uccise quattro
persone.
Ma non si pente Da lui nessun pentimento: "Non potrà mai esserci. Non abbiamo
fatto nulla di quello per cui siamo stati accusati e condannati",
dice a Panorama. Romano ce l’ha con tutti. Critica i magistrati
che l’hanno condannato: "Due giudici che facevano le primedonne
in un processo farsa hanno limitato la difesa ai nostri legali".
Accusa i carabinieri di avergli estorto la confessione: "Quella
mattina io ho chiesto solo di poter vedere mia moglie, per sapere
come stava. Invece hanno approfittato della situazione disperata
in cui mi trovavo. Facendo leva su sentimenti e affetti, mi
dissero che pentirmi e confessare era il minore dei mali: l’unica
via d’uscita. Più il tempo passava, meno mi rendevo conto di
quello che succedeva. Mi hanno guidato nella confessione. È
stata tutto meno che un’ammissione spontanea".
Accusa il nonno delle vittime Ne ha anche per Carlo Castagna, padre e nonno di due delle
vittime (Raffaella Castagna e il piccolo Youssef): "Lui è un
padre padrone: più padrone che padre. Difendere la figlia a spada
tratta, nel torto e nella ragione.
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