Erika torna libera e insulta Omar: «Viscido»

Erika torna libera e insulta Omar: «Viscido»

Dieci anni e dieci mesi dopo, la sanguinaria ragazzina si ripresenta resettata in donna fatta. Per la legge italiana il conto è saldato. Conto con lo sconto. Inevitabilmente, molto si discute sulla rapidità della pena, dell’espiazione, della riabilitazione. Soprattutto in casi come questo, segnati dall’età giovanissima degli assassini: l’alternativa sarebbe rinchiuderli per sempre, o per un tempo interminabile, negando un futuro, negando l’idea stessa di una seconda vita. Ma che cosa è davvero giusto? La domanda è dura come pietra: davvero quella Erika di allora, adolescente e immatura, è la stessa di oggi, oppure si può tranquillamente parlare di due persone diverse, tanto da avvertire il dovere e la misericordia di concedere a questa seconda Erika il diritto d’esistere?
La giustizia d’Italia ha già scelto da un po’, molto prima di Erika. Nel caso specifico di questa giovanissima detenuta, il carcere le è servito per studiare, prendere una laurea, cominciare a sporcarsi le mani nella vita vera delle comunità di recupero. Oggi, il complesso sistema che vigila sul riscatto umano garantisce la comunità civile: Erika è un’altra persona, può tornare in mezzo a noi e cominciare una seconda esistenza.
E allora però bisogna parlare chiaro fino in fondo. Già è difficile, per l’opinione pubblica, accettare questi corsi accelerati di riabilitazione, soprattutto dopo delitti tanto sconvolgenti. Alla nuova persona che esce dal carcere, a questa seconda Erika, spetterebbe il compito primario di rassicurare tutti, di convincere con parole ed opere sulla grandezza e sull’autenticità della rigenerazione. Invece, a poche ore dal ritorno, pure la nuova Erika sceglie di ripartire da Omar. Con una lettera scritta a caratteri decisi su QN, l’ex fidanzatina sguaina subito gli artigli contro l’ex fidanzatino Omar, colpevole a suo dire di speculare su questa maledetta storia.
«Si vede chiaramente quanto sei viscido e senza dignità. Per fare soldi ti sei fatto fotografare al cimitero da loro. Non ti vergogni, hai reso un sacco di dichiarazioni false. Ma non mi stupisce, da un vile come te. Recarti al cimitero e farti fotografare è una cosa da indegno, quale tu sei. Ti chiedo per l’ultima volta di smetterla di speculare sulla mia famiglia. Di certo così non trovi lavoro, sempre che tu non voglia andare al Grande Fratello... Adesso basta, è ora che tu spenga i riflettori su di noi».
Già all’epoca era emerso che Erika fosse predominante su Omar: dopo tanto sangue e tanti sconvolgimenti, sembra quasi che i rapporti di forza siano rimasti gli stessi. Persino adesso lui appare molto più incerto e insicuro: «Prima di rispondere, devo parlare con il mio avvocato». In un’intervista tv di ottobre, aveva detto: «Io e Erika non abbiamo più niente da dirci. Io mi sono preso le mie responsabilità. Posso solo dirle di prendersi le sue...».
Questo il clima. Certo ora è consolante, un deciso passo avanti, che Erika avverta così forte il bisogno di difendere la famiglia sulla quale in un’altra vita si è così ferocemente accanita. Ma è il tono, è il momento, è lo stato d’animo a suonare pesantemente sgradevole. È innegabile che Omar, uscito un po’ prima, abbia accettato di raccontarsi in alcune occasioni pubbliche, tra televisione e giornali. Ci sta che Erika non gradisca. Però come esordio, come prima uscita, la lettera ha un effetto indiscutibile: raggela.
Chiudendo questo corso accelerato di rieducazione, ci si potrebbe aspettare qualcosa di più e di meglio. Un finale - un inizio - diverso. Si potrebbe immaginare che la nuova Erika, la donna Erika, abbia voglia di voltare pagina, di superare, di guardare oltre. Ci si potrebbe aspettare che conosca finalmente le virtù della mansuetudine e del perdono. Nessuno deve pretendere che sia mistica e anacoreta: ma che quanto meno possa aspettare qualche tempo, trovando modi e toni diversi, per chiudere con Omar, questo sembrerebbe scontato. Invece si respira ancora nell’aria la nube tossica del rancore.

Permane un retrogusto di odio. È come se dieci anni di intime riflessioni non le avessero insegnato proprio tutto. È come se anche per questa nuova Erika, la seconda Erika, sulla lunga notte di Novi Ligure non debba mai accendersi l’alba.

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