In certi romanzi, capita che un personaggio parli poco o niente, e che di lui non si sappia neanche cosa pensi, ma poi, a conti chiusi, risulti assolutamente espressivo. Così accade per Damiano Bacciardi, il protagonista dell'ultimo romanzo di Alessio Torino, Al centro del mondo (Mondadori).
Damiano è un ragazzo di diciassette anni, ma potrebbe averne tredici, o quaranta, e la consistenza umana non cambierebbe. Un uomo senza età non è un uomo privo di storia, nel senso di un passato e di una prospettiva che lo raccontino e lo facciano essere. È piuttosto un uomo che in sé ha accolto ogni tempo: il tempo della vita e quello della morte. Damiano ha un padre che si è ammazzato sotto una quercia - un albero che il ragazzo fa fatica anche a guardare -, vive con i suoi nonni e con uno zio, Vince, che vorrebbe vendere la proprietà - una proprietà che è «al centro del mondo», che poi vuol dire nella campagna marchigiana, una campagna che in sé contiene tutto il bene e tutto il male ma che pure funziona come sineddoche antropologica di un'intera nazione, se è vero che è in provincia, fuori dai grandi centri abitati, che il carattere italiano meglio emerge, si sostanzia. Damiano vede il Demonio dai cento occhi e riconosce la pace e il linguaggio della natura: il profumo dei fiori, il vento che scuote le foglie, il grido delle rondini. Ma questo romanzo non è una favola, nonostante gli elementi del genere non manchino. Torino ci ha abituati a illuderci che le sue storie abbiano un sapore favolistico che in realtà non hanno. Il suo realismo sa essere feroce e discreto. Quando ci convinciamo dell'innocenza del personaggio, immediatamente dopo questa sua idiozia tutta dostoevskijana, o francescana, frana a contatto con il contesto in cui tale carattere, o disposizione spirituale, opera - lì dove la santità si sporca di fango e puzza di sterco.
Dunque chi è Damiano Bacciardi: un santo o un pazzo? Io credo che ad Alessio Torino interessi una cosa specifica, lo si coglie da questo come da altri suoi romanzi precedenti, e penso a esempio al più recente Tina.
Capire il momento in cui bene e male, pur distinti concettualmente, finiscano - nella vita di un uomo che è santo e pazzo come può esserlo qualsiasi uomo che conosca la felicità e il dolore - in quel centro di mondo in cui le cose accadono, emergendo come dalla densità di un mistero per scontrarsi, amalgamarsi, coincidere.
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