Ridimensionato dal nemico russo sul piano internazionale, paralizzato dai repubblicani sul fronte della politica interna, ignorato o contestato da un'opinione pubblica che non sembra più credere in lui. Raramente il secondo mandato di un presidente americano è stato più grigio e avverso di quello del presidente Barack Obama. L'ultima tegola è quella dell'Obamacare. La grande riforma della sanità pubblica con cui Barack pensava di entrare nei libri di storia e guadagnarsi la riconoscenza della classe media americana rischia di trascinarlo nella polvere. Tutta colpa del trappolone tesogli dai Repubblicani che ieri hanno fatto approvare alla Camera un emendamento con cui vengono bloccati tutti i finanziamenti statali necessari a far approvare la riforma. A rendere estremamente insidioso quel trappolone è il calendario dell'amministrazione pubblica americana. Stando alla legge tutti gli impegni di spesa devono venir ratificati entro la fine dell'anno fiscale previsto per la mezzanotte di oggi e dunque l'amministrazione democratica rischia di non poter più finanziare le agenzie federali e pagare i dipendenti che vi lavorano. Sull'America incombe quindi la minaccia di un'immensa paralisi amministrativa che risparmierebbe solo i servizi essenziali. L'unica via d'uscita offerta dai repubblicani è ovviamente un accordo sull'odiatissimo «Obamacare» considerato dalla destra americana una vera e propria maledizione. Per questo il presidente - pur avvertendo di non voler trattare «sotto minaccia» - sembra in verità già pronto a tendere la mano. «Se i repubblicani hanno idee specifiche su come migliorare la legge desidero lavorare con loro, ma questo - sostiene Obama - non può avvenire con lo shutdown».
Il compromesso è comunque un passo assai rischioso. Archiviare o modificare profondamente la riforma sanitaria equivarrebbe a rinunciare ad uno dei provvedimenti simbolo di questo doppio mandato e far i conti con il rischio di venir ricordato come uno dei presidenti più inconcludenti e irrilevanti della storia americana. In attesa del giudizio degli storici l'opinione pubblica non sembra comunque disposta a regalargli grandi soddisfazioni. Stando ai sondaggi più recenti il presidente gode di una percentuale di consensi intorno al 37 per cento, molto vicina, dunque a quel 36 per cento - suo minimo storico assoluto - registrato alla metà del 2011. Il sondaggio più crudele per la Casa Bianca è però quello con cui l'Economist e You Gov chiedono agli americani di mettere a confronto l'efficacia e le capacità dimostrate da Obama e dagli altri grandi leader internazionali durante la recente crisi siriana. Il risultato è assolutamente devastante. Il 49 per cento degli americani assegna la palma dell'efficacia e della capacità al grande nemico Vladimir Putin. Solo il 25 per cento, quindi la metà, ritiene che Barack Obama sia riuscito a conseguire i propri obbiettivi. Cinquanta giorni dopo aver interrotto i rapporti con Vladimir Putin accusato di scorrettezza internazionale per aver concesso l'asilo alla talpa Edward Snowden, Obama si ritrova sovrastato e umiliato da un avversario capace di sottrargli persino i consensi dei cittadini statunitensi.
L'opinione pubblica americana, non paga di aver accolto con scarsissimo entusiasmo le politiche interventiste della Casa Bianca sul fronte siriano, sembra insomma credere più alle capacità del nuovo zar di Russia che a quelle del proprio comandante supremo. Un atteggiamento non proprio incoraggiante. Soprattutto alla vigilia di uno scontro politico che rischia d'immobilizzare il Paese e rendere ancor più flebile e incerta la credibilità americana a livello internazionale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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