La dimostrazione di forza delle milizie sciite che sabato hanno attraversato le vie di Baghdad promettendo di annientare i terroristi dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) non ha avuto alcune effetto sui campi di battaglia in Iraq. I jihadisti sunniti continuano l'avanzata nell'ovest del Paese verso le frontiere con la Siria e la Giordania conquistando numerose città e compiendo stragi sanguinose. Da quando la loro offensiva è cominciata lo scorso 9 maggio, vengono "aiutati" dal ripiegamento dei soldati governativi. L'escalation di violenza ha spinto il segretario di Stato americano, John Kerry, a volare a Baghdad per una visita non annunciata e incontrare il premier sciita, Nuri al-Maliki.
Dopo l'offensiva nel nord dell’Iraq, l'Isis sta allargando la sua influenza anche agli altri paesi arabi e in particolare allo Yemen. Come fa notare il sito web marocchino Hespress, nell'ultimo messaggio audio il leader di Ansar al Sharia, Mamun Hatem, ha parlato di "un fenomeno che vede sempre più militanti jihadisti locali prestare giuramento di fedeltà all’Isis". Eppure fa specie che accada questo fenomeno proprio in Yemen in quanto "la cellula locale di al Qaeda è considerata fortemente legata a quella di al Qaeda in Afghanistan e il suo leader, il saudita Naser al Wahshi, è considerato il numero due di al Qaeda nel mondo dopo Ayman al Zawahiri". Nel fine settimana i combattenti jihadisti hanno preso il controllo di tre valichi di confine con Siria e Giordania e quattro città limitrofe assicurando all’Isis l'egemonia sulla maggior parte della frontiera occidentale del Paese. Le autorità hanno ammesso che i ribelli hanno conquistato domenica due attraversamenti cruciali nella provincia di al Anbar, ventiquattr'ore dopo aver preso possesso di un altro valico, a Qaim, città nella provincia che confina con la Siria. I ribelli controllano inoltre l’aeroporto nella città settentrionale di Tal Afar, considerato di importanza strategica.
La visita non annunciata di Kerry sottolinea tutte le paure degli Stati Uniti sull'avanzata dei ribelli jihadisti dell'Isis, sostenuti dalla minoranza sunnita e da ex militari del partito Baath di Saddam Hussein. L'obiettivo è fare pressioni diplomatiche molto forti affinché il governo sciita di Bagdad, alleato strettamente con gli sciiti iraniani, faccia importanti concessioni alla minoranza sunnita disinnescando così un importante alleato dei jihadisti. Dalla caduta di Mosul, a inizio giugno, l’Isis ha infatti conquistato vaste zone del territorio iracheno, nell’ovest e nel nord della nazione. Negli ultimi due giorni ha assunto il controllo di quattro città strategiche nella provincia di al Anbar, a maggioranza arabo sunnita: Qaim, Rutba, Rawa e Anah. Uomini armati hanno preso possesso dei posti di frontiera di al Walid, sulla frontiera siriana, e Turaibil, sulla frontiera giordana, dopo il ritiro delle forze governative. "Centinaia di soldati - ha denunciato Qassem Atta, portavoce per gli affari di sicurezza del premier iracheno - sono stati decapitati e impiccati a Salahaddin, Ninive, Dilaya, Kirkuk e nelle zone dove si trovano i jihadisti".
Un portavoce del dipartimento di Stato americano ha spiegato che Kerry "discuterà azioni da parte degli Usa per assistere l'Iraq che fronteggia questa minaccia e farà pressioni sui leader iracheni" per la formazione di "un governo che rappresenti gli interessi degli iracheni". Insomma, gli Stati Uniti vorrebbero le dimissioni di al-Maliki.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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