Una finanziaria di lotta e di governo. E tutti fieri di sottolinearlo. La legge di bilancio presentata ieri in Consiglio dei ministri è di «lotta per la giustizia sociale», e «di lotta per la crescita e la preparazione dell'avvenire», spiega orgoglioso il capo di governo Jean-Marc Ayrault. «La più importante degli ultimi trent'anni», dice il presidente François Hollande. «La più dura degli ultimi trent'anni» gli fanno eco i suoi detrattori. Che sia «di sinistra e di lotta», come non ha mancato di far notare anche il ministro delle Finanze Pierre Moscovici, sembra ormai evidente a tutti. Perché di mezzo - in una manovra da 37 miliardi con l'obiettivo di abbattere il debito pubblico previsto al 91,3% del Pil l'anno prossimo e ridurre il deficit al 3% - 10 miliardi arriveranno dai tagli alla spesa mentre gli altri, praticamente i due terzi, da nuove tasse che ricadranno per metà sui privati e per metà sulle imprese. Lacrime e sangue, come previsto e preannunciato, tranne che per il pareggio di bilancio previsto per il 2017, a cui Parigi dice au revoir nonostante le ripetute promesse in campagna elettorale. Tutto ciò col risultato che la pressione fiscale in Francia salirà dal 44,9% del Pil nel 2012 al 46,3% nel 2013 e scenderà solo dal 2016 (in Italia è stata al 42,5% nel 2011 ma si prevede superi il 45% nel 2012 e arrivi al 45,4% nel 2013).
Hollande e i suoi suggellano così l'immagine di Robin Hood di Francia, in grado di togliere ai ricchi per dare ai poveri. Dei 10 miliardi di imposte sui privati, 3,5 saranno imposte sul reddito (che colpiranno oltre 4 milioni di famiglie benestanti) 1 miliardo arriverà dall'imposta di solidarietà sui patrimoni (applicata ai patrimoni superiori a 1,3 milioni di euro) e 200 milioni dal «contributo straordinario» al 75% sui redditi superiori a un milione di euro. La tassa sui Paperoni è confermata, così come la filosofia condensata da Hollande in un dibattito tv del 2006, quando era ancora segretario del Ps, nella celebre frase: «Je n'aime pas les riches» («Non mi piacciono i ricchi»). La novità è che l'imposizione verrà applicata per soli due anni e solo sui proventi da remunerazione salariale, cioè gli stipendi in sé, esclusi stock options, dividendi, interessi e plusvalenze finanziarie. Confermati sono anche i timori per una manovra troppo ottimista (la previsione dello 0,3% del disavanzo nel 2017 è basata su una crescita economica dello 0,8% nel 2013 e del 2% ogni anno fino al 2017), una manovra che rischia di far fuggire via quel che resta dei ricchi di Francia, alcuni dei quali si sono già dati alla fuga mentre altri - come l'uomo più ricco di Francia, Bernard Arnaud, invitato a espatriare da Libération con un titolo inequivocabile, «Vattene, ricco coglione» - stanno ora meditando di farlo. «È vero, chiediamo uno sforzo in più ai ricchi», conferma il premier Ayrault. Lo sforzo fiscale peserà «su chi ha di più, il 10% dei francesi più agiati», rincara Hollande. E poi ci sono le grandi imprese «che pagano meno imposte rispetto alle piccole e medie - aggiunge il premier - e a cui chiediamo uno sforzo per il raddrizzamento dei nostri conti pubblici». Sacrificio che si materializza in una riduzione degli sgravi sugli interessi - prima deducibili al 100%, ora al 75% - e di quelli sulle plusvalenze generate dalla cessione di quote in altre aziende. Quanto basta perché, mentre gli economisti plaudono, Laurence Parisot, presidente del Medef, la Confindustria francese, definisca la manovra «un grave rischio per gli investimenti e l'occupazione», perché l'ex ministro delle Finanze Valérie Pécresse lanci lo slogan «più tasse per il 100% dei francesi» e perché anche la sinistra estrema del «Front de gauche» chiami i suoi a una grande mobilitazione domani contro l'austerità di una finanziaria che è «un controsenso economico». Critiche condivise da un folto gruppo di francesi, il 63% dei quali - secondo un sondaggio Tns Sofres - pensa che «troppi sforzi» stiano ricadendo sui contribuenti.
Resta da capire che ne sarà dei ricchi di Francia. Accoglierà Arnaud l'invito di Libération a levare le tende (fiscali)? Lo hanno già fatto artisti e cantanti - dall'attrice Emmanuelle Béart (Belgio) alla modella Laetitia Casta fino allo scrittore Marc Levy (Regno Unito). Lo hanno già fatto diversi sportivi da Jean Alesi ad Alain Prost (Svizzera) e alcuni noti imprenditori: Nicolas Puech (Hermès), la famiglia Peugeot e i Lescure di Tefal e Rowenta.
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