Atteso da settimane, il rapporto degli ispettori delle Nazioni Unite sugli attacchi chimici del 21 agosto a Damasco è stato presentato ieri. «La conclusione è che armi chimiche siano state usate in scala relativamente larga nel conflitto tra le parti in Siria, contro civili tra cui bambini», è scritto nel documento, con parole forti che raccontano quello che già giorni fa avevano rivelato le intelligence britannica, americana, francese e israeliana. Le prove dell'Onu «sono chiare e convincenti», ha detto il segretario generale Ban Ki-moon che ieri, rapporto alla mano, ha presentato i risultati al Consiglio di Sicurezza. Il segretario è entrato nei dettagli del lavoro degli ispettori: sono stati intervistati più di 50 sopravvissuti, personale medico e soccorritori accorsi per primi sul luogo dell'attacco, i sobborghi di Ghouta, a Damasco. Più di quattro laboratori hanno analizzato campioni prelevati sia dal luogo degli impatti sia dalle vittime: l'85% dei campioni di sangue è risultato positivo al gas sarin. È stato commesso «un crimine di guerra», ha detto Ban Ki-moon, il peggiore dai tempi di Saddam Hussein.
A differenza delle prove delle intelligence straniere, basate in prevalenza su intercettazioni di comunicazioni militari, le analisi degli ispettori di Palazzo di Vetro sono le prime a presentare prove scientifiche di un avvenuto attacco chimico. Se c'erano ancora dubbi sull'utilizzo di armi chimiche in Siria, il lavoro degli ispettori li cancella definitivamente. Il rapporto, però, non dà indicazioni su chi sia dietro all'attacco, anche se per alcuni analisti i dettagli presentati suggerirebbero molto. Il gas sarin è arrivato a destinazione trasportato da missili terra-terra - sui loro resti lettere in cirillico - a disposizione del regime. La traiettoria dei missili, in arrivo da Nord-ovest, da aree controllate dall'esercito regolare, sarebbe un altro indizio (il segretario di Stato John Kerry aveva già detto che secondo l'intelligence americana gli attacchi erano originati da zone sotto il controllo del regime). Per il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, questi dettagli «non lasciano dubbi sull'origine degli attacchi e rinforzano le posizioni di chi crede che il regime di Bashar El Assad sia colpevole».
E proprio da Parigi, al fianco del ministro Fabius, sono ripartiti ieri gli sforzi diplomatici del segretario di Stato americano, che ha incontrato anche il presidente François Hollande e il ministro degli Esteri britannico William Hague. Assieme, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno parlato della necessità d'adottare una risoluzione forte in Consiglio di Sicurezza, con l'inclusione del capitolo 7 della Carta dell'Onu, cioè la possibilità del ricorso alla forza.
Nonostante il nuovo corso diplomatico e la nuova alleanza, Mosca è subito intervenuta con la voce del ministro degli Esteri Sergei Lavrov, che ha parlato di minacce che rappresenterebbero solo un pretesto per colpire e metterebbero a rischio una possibile conferenza di pace. Da Bruxelles, dove si trovava, il ministro degli Esteri italiano Emma Bonino ha appoggiato i colleghi europei e americano dicendo che «sulla Siria serve una risoluzione piuttosto forte». Sempre da Parigi, tra segni di alleanza e prime fratture con la Russia, il ministro Fabius ha anche annunciato una riunione con le opposizioni siriane a New York a fine mese, alla quale non è garantita la presenza di Mosca. I ribelli e le opposizioni hanno accolto con frustrazione l'accordo tra russi e americani sullo smantellamento della armi chimiche: lo considerano un modo per il regime di prendere tempo e andare avanti con gli attacchi.
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