Nessun giallo ma un disastro aereo

Avvistati alcuni rottami al largo dell'Australia. Torna la pista dell'incidente: il jet avrebbe volato per miglia carico di morti

Nessun giallo ma un disastro aereo

Un gigante dei cieli e due piloti reclinati sulla cloche. Una bara volante e un carico di cadaveri afflosciati sui sedili. Un volo fantasma spinto dall'inerzia dei motori verso le profondità australi. Fino all'ultimo sbuffo dei reattori e al tuffo nell'Oceano. A suggerire l'archiviazione della suggestiva quanto improbabile tesi del dirottamento sono quei due puntini nell'Oceano indiano. A disegnare la trama di un incidente ai confini del reale, ma già ipotizzato domenica dal Giornale, sono quei riflessi tra le onde individuati dai satelliti australiani 2300 chilometri a sud ovest di Perth. Nessuna nave ha ancora raggiunto lo sperduto quadrante marittimo. Eppure lì, stando alla comparazione elettronica delle immagini, fluttuano due relitti metallici di cinque e 25 metri. Quella doppia traccia potrebbe essere la prima effettivamente legata al mistero del Boeing 777 della Malaysian Airlines, con a bordo 239 passeggeri e 12 membri dell'equipaggio, scomparso sabato 8 marzo 45 minuti dopo il decollo da Kuala Lampur. Una traccia tanto credibile da spingere il premier australiano Tony Abbott ad annunciare al parlamento «nuove e credibili informazioni» sul mistero del volo Mh370. Per capire perché la traccia rappresenti una possibile svolta va considerata la zona dell'avvistamento. I due rottami galleggerebbero all'estremità meridionale di un arco di circa seimila chilometri percorso dopo la scomparsa dai radar. Una rotta già ipotizzata analizzando i segnali inviati dagli apparati di bordo a un satellite Inmarsat nelle sette ore dopo la scomparsa. Il problema dei segnali era però l'indeterminatezza della direzione di volo. Archiviando solo le successive angolazioni rispetto al satellite i dati non chiarivano se l'aereo volasse a nord o sud. L'ipotesi dirottamento suggeriva la rotta settentrionale verso un'ipotetica pista d'atterraggio clandestina tra Pakistan e Turkmenistan. L'avvistamento dei due riflessi nell'Oceano Indiano cambia tutto. Nessun dirottatore volerebbe verso sud fino all'esaurimento del carburante e dunque prende corpo la tesi già suggerita sul Giornale dal comandante Ranieri Romeo, ex responsabile della sicurezza della flotta Boeing in Alitalia. Secondo l'esperto una rapida decompressione potrebbe aver causato la perdita di coscienza e la morte per ipossia di piloti, equipaggio e passeggeri. A 40mila piedi (13metri circa), la quota del Boeing al momento della scomparsa, una violenta decompressione può provocare, secondo uno studio sugli incidenti aerei per ipossia (http://www.theairlinepilots.com/medical/decompressionandhypoxia.htm) la perdita di coscienza in meno di un minuto. L'unico modo per evitarlo è indossare le maschere a ossigeno. Ma l'ipossia, ricorda lo studio, provoca confusione mentale e può indurre i piloti a scordare l'addestramento spingendoli a concentrarsi ossessivamente su manovre erronee. I due piloti potrebbero dunque esser svenuti mentre tentavano di disinnescare il pilota automatico e invertire la rotta senza aver indossato i respiratori. E la stessa sorte sarebbe toccata a equipaggio e passeggeri. Il Boeing, trasformato in un'enorme bara volante avrebbe così seguito fino all'ultima goccia di carburante la rotta verso sud inserita dal pilota prima di accasciarsi sui comandi. Una tragedia incredibile, ma con un illustre precedente. Nell'ottobre 1999 un Learjet con a bordo il campione di golf americano Payne Stewards andò fuori rotta senza lanciare allarmi nei cieli statunitensi.

I piloti di due F16 alzatisi per intercettarlo scorsero dietro la brina gelata della cabina il comandante e il secondo accasciati sui comandi. Ma poterono soltanto seguirli fino allo schianto in un bosco del sud Dakota.

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