Nove persone sono state uccise a Kabul, in un attacco condotto da un commando di uomini armati all'interno dell'hotel Serena. Quattro uomini sono entrati nell'albergo, nascondendo pistole nei calzini, e hanno iniziato a sparare contro chi si trovava nella sala ristorante.
Sotto i colpi delle armi da fuoco è morto anche il 40enne Sardar Ahmad, giornalista dell'Agence France Press e capo dell'agenzia Pressistan, che fornisce aiuto ai corrispondenti stranieri in vista a Kabul. Vittime anche la moglie e due figli. Soltanto il figlio minore del reporter è sopravvissuto all'attacco, ma ha riportato ferite molto gravi ed è stato operato d'urgenza.
Facile vedere il legame con altri attacchi che si sono susseguiti nell'ultimo periodo, in un escalation legata all'avvicinarsi delle elezioni presidenziali di aprile. Con un annuncio pubblicato su facebook, i giornalisti afghani hanno scelto di rispondere all'uccisione di un collega e di "numerosi civili innocenti" boicottando per quindici giorni la copertura di attacchi dei talebani, compiuti solo per "ottenere l'attenzione dei media e terrorizzare la popolazione".
Dieci giorni fa un altro giornalista, il corrispondente svedese Nils Horner, è stato ucciso da un colpo d'arma da fuoco mentre si trovava nel quartiere Wazir Abkar Khan, dove hanno sede molte ambasciate e media a Kabul.
L'azione del commando all'hotel Serena, rivendicata dai talebani, è particolarmente grave perché condotta in un edificio ritenuto tra i più sicuri della capitale afghana. Frequentata soprattutto dagli occidentali, la struttura di lusso è già stata presa di mira in passato.
538em;">Sette persone vennero uccise nel 2008, mentre nell'albergo si trovava il ministro degli Esteri della Norvegia, Jonas Garh Soere, che schierava in Afghanistan 500 soldati. Uscì illeso dall'attacco. A ottobre 2009 due razzi raggiunsero il giardino dell'hotel, senza causare vittime.
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