Barack Obama spinge sull'acceleratore. Il presidente degli Stati Uniti ha chiesto oggi al Congresso di arrivare a un voto sulla situazione siriana in tempi brevi, in modo che si possa dare il via al raid contro le forze governative di Damasco. Un attacco mirato - ha ripetuto anche oggi - che avrà il solo scopo di ridurre la capacità del regime di Assad di mettere in campo armi chimiche. E di rispondere a quell'attacco del 21 agosto che ormai Washington da per certo e di cui addebita le colpe proprie ai lealisti.
Il "comandante in capo" ha visto oggi i leader del Congresso, a cui ha chiesto di legittimare la sua azione, pur ritendo che sia necessaria una risposta, perché non rimangano impunite le azioni di Assad. Ma tra la richiesta e l'assenso del parlamento statunitense- sono in molti a sostenerlo - la distanza non è poi così irrisoria. Il leader della maggioranza repubblicana alla Camera, Eric Cantor, ha annunciato di aver deciso di sostenere la richiesta al Congresso sulla Siria del presidente Barack Obama.
I democratici non potranno che seguire Obama. Se si eccettua uno sparuto numero di cecchini, che potrebbe distanziarsi dalla linea del partito, seguiranno il Presidente. A destra il Tea Party storcono il naso davanti a un ennesimo impegno per la macchina bellica statunitense. I falchi neoconservatori spingono invece perché non solo gli Stati Uniti ricordino ad Assad che non può utilizzare agenti chimici impunemente, ma perché la risposta militare vada a colpire oltre i confini siriani, coinvolgendo e mettendo nel mirino l'Iran di Rouhani, alleato di Damasco.
Dal canto loro i repubblicani condividono con i democratici un punto. Qualsiasi cosa si decida in Congresso, dare il via a un attacco militare non porterà voti a nessuno, ma piuttosto indebolirà le rispettive posizioni, diventando un problema nell'ottica più ampia delle elezioni di midterm del 2014. Obama ha bisogno di un voto a favore. Per ottenerlo ha spiegato ancora una volta di volere "qualcosa di limitato, proporzionato", parte di una "strategia più ampia, che permetterà di aumentare le capacità dell'opposizione". La Siria - ha aggiunto - "non è l'Iraq, non è l'Afghanistan".
Frena però l'Onu. "Un attacco Usa rischierebbe di scatenare ulteriori problemi", minaccia il segretario generale Ban Ki Moon, che ricorda come l'uso armi chimiche, se confermato, rappresenterebbe una grave violazione della legge internazionale e un crimine di guerra. Nel caso di prove concrete, quindi, "il Consiglio di Sicurezza deve mostrare unità e decidere le misure da prendere". I campioni raccolti dagli ispettori in Siria arriveranno domani nei laboratori designati.
Parlando al Congresso, il segretario di Stato Usa, John Kerry ha detto: "Il presidente Obama non chiede al Congresso di andare in guerra. Tanti di noi sappiamo cos’è la guerra. Chiede invece l’autorizzazione di fermare Assad e l’uso di armi chimiche: non è il momento di rimanere in silenzio. Il mondo ci guarda non solo per vedere che decisione prenderemo.
La Siria ha attaccato senza dare ascolto ai nostri avvertimenti, non possiamo rimanere spettatori o essere isolazionisti di fronte al massacro: gli Stati Uniti devono reagire, difendere la nostra sicurezza e i nostri valori".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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