Quando il Paese era ancora giovanissimo, la notte, nelle strade di Boston, un piccolo gruppo segreto controllava i movimenti delle truppe britanniche, per raccogliere informazioni su possibili attacchi contro «i primi patrioti americani». Con questo e altri esempi storici - ricordando come l'intelligence nazionale abbia aiutato a rendere sicuri «il nostro Paese e la nostra libertà», Barack Obama ieri ha cominciato uno dei discorsi più attesi e preparati del suo secondo mandato: quello sulla raccolta dati della National Security Agency - Nsa - raccontata nei dettagli dalle rivelazioni dei mesi scorsi di Edward Snowden.
Il presidente americano ha risposto a sei mesi di polemiche - nazionali e internazionali - presentando una serie di aggiustamenti al programma dell'agenzia di intelligence, cercando un difficile equilibrio tra la necessità di apparire fermo sulla sicurezza nazionale e allo stesso tempo difensore della privacy dei cittadini. Obama, davanti a un pubblico di deputati e capi delle agenzie di intelligence, ha proposto alcune revisioni delle attività dell'Nsa, alcune dai contorni ancora poco chiari.
Il programma, così come lo conosciamo tramite le rivelazioni dell'ex analista dell'agenzia, avrà fine. La massa di dati raccolta finora non potrà più essere custodita dal governo federale, ma sarà trasferita a un partito terzo - l'Amministrazione deve ancora trovare una soluzione su questo punto - e i funzionari dell'intelligence potranno accedervi soltanto dopo aver ricevuto il consenso di un tribunale segreto. Il Congresso lavorerà alla creazione di un comitato pubblico che avrà - in casi specifici - la possibilità di opporsi alle richieste di monitoraggio di alcune agenzie. I capi di Stato stranieri non saranno più ascoltati e ai cittadini di Paesi terzi saranno garantite alcune delle protezioni di cui già godono gli americani.
Per alcuni analisti che hanno commentato a caldo l'intervento del presidente sulle televisioni americane, il discorso di Obama in un certo senso non ha precedenti. Nessun leader, infatti, si era mai addentrato così tanto in pubblico nei dettagli delle attività delle agenzie di intelligence nazionali. Tuttavia, le sue parole e gli aggiustamenti non garantiscono a Obama la fine dell'era delle polemiche: «È imbarazzante vedere un presidente degli Stati Uniti parlare per 45 minuti per non dire nulla, veramente imbarazzante», ha immediatamente detto il capofila dei critici, il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, in diretta alla Cnn dall'ambasciata ecuadoriana a Londra. E per Glenn Greenwald, il giornalista che sul Guardian ha pubblicato le prime rivelazioni della «talpa» Snowden, la riforma dell'Nsa è «solo un gesto di pubbliche relazioni».
Le riforme, nonostante siano più vaste di quanto previsto, lasciano intatte alcune «pratiche chiave della sorveglianza», ha scritto il Wall Street Journal. E le parole di Obama hanno reso chiaro che gli Stati Uniti non cederanno in nulla sulla sicurezza.
Il presidente ha innanzitutto difeso con forza l'attività dei funzionari dell'Nsa - «nulla sta a indicare che la nostra intelligence abbia cercato di violare la legge» - ha spiegato la necessità di una stretta sorveglianza dei servizi segreti soprattutto dopo l'11/9, ha ricordato come «il punto delle intelligence sia quello di ottenere informazioni non accessibili al pubblico», ha parlato di come le capacità dei servizi segreti americani siano anche vitali per gli alleati stranieri e, annunciando la fine della sorveglianza delle comunicazioni di alcuni leader amici, ha detto che l'America non smetterà comunque la normale attività di spionaggio, come fanno tutti gli altri Paesi: «Ora, lasciatemi essere chiaro: le nostra agenzie di intelligence continueranno a raccogliere informazioni sulle intenzioni di governi - non privati cittadini - nel mondo, allo stesso modo in cui agiscono i servizi di ogni altra nazione. Non chiederemo scusa semplicemente perché i nostri servizi sono più efficaci».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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