Quell'inciucio Italia-India alla faccia dei nostri marò

Il nostro ambasciatore scambia fiori e sorrisi col leader nazionalista indù. Lo stesso che vuole la testa di Girone e Latorre

Il candidato premier indiano Narendra Modi e l'ambasciatore italiano Mancini
Il candidato premier indiano Narendra Modi e l'ambasciatore italiano Mancini

A parole il governo italiano è pronto a tutto per i marò. Poi si scopre che il nostro ambasciatore in India, Daniele Mancini, va a baciare la pantofola di Narendra Modi, il candidato premier del partito nazionalista indù, che vuole la testa dei fucilieri di Marina. Lo rivela il settimanale Panorama, che pubblica la foto del caloroso incontro con tanto di scambio di fiori.

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono trattenuti in India da quasi due anni e dal gennaio scorso ospiti dell'ambasciata italiana a Delhi, in libertà su cauzione per l'accusa di aver ucciso due pescatori in servizio anti pirateria. Ora rischiano di venir processati secondo una legge che prevede la pena di morte. «Narendra Modi, il nazionalista indù che vuole la testa dei marò, potrebbe diventare il prossimo premier indiano, dopo le elezioni di maggio» scrive Panorama. «Ed il nostro ambasciatore...», si legge nel titolo del settimanale, il 24 e 25 novembre ha guidato una missione italiana nello stato indiano del Gujarat, dove Modi governa da 13 anni. «Nella prospettiva del rafforzamento della presenza economica-commerciale in India» scrive il sito della nostra ambasciata. Non si fa alcun cenno al caso dei marò, che in novembre era già impantanato. Le imbarazzanti fotografie dell'incontro sono state postate solo sul sito, che lancia la candidatura a premier del governatore del Gujarat. In uno scatto, pubblicato da Panorama in edicola, Modi consegna un mazzo di fiori al sorridente Mancini. In un'altra immagine i due sembrano scambiarsi un dono. Altri scatti mostrano la delegazione, non solo di imprenditori, attorno a un tavolone con a capo il discusso leader indù, accusato di aver istigato un pogrom contro i musulmani costato mille morti.

Sul sito di Modi, cercando «italiani», la notizia arriva dopo i tweet del candidato premier contro i marò. Il titolo per descrivere la visita non lascia dubbi: «L'inviato italiano, Daniele Mancini impressionato dal Vibrante Gujarat». Nel testo si legge che «l'ambasciatore ha espresso il suo entusiasmo per il rafforzamento del legame fra l'Italia» e il feudo di Modi. Pecunia non olet, ma anche se non risulta ufficialmente speriamo che Mancini abbia perorato la causa dei marò. «Peccato che Modi usi toni molto duri verso gli Italian marines e che il suo partito, Bjp, abbia invocato la pena di morte per i fucilieri di Marina» scrive Panorama.

Il candidato premier ha contestato anche «il privilegio» della libertà provvisoria concessa ai marò. Fin dallo scorso aprile la portavoce del partito, Meenakshi Lekhi, aveva espressamente chiesto che fosse applicata la legge antipirateria (Sua Act) «per cui l'omicidio è punito solo con la pena di morte. Se i marines venissero giudicati secondo il codice penale indiano sarebbe previsto sia l'ergastolo che la pena capitale. In pratica verrebbe diluita la punizione» (le immagini sul sito www.panorama.it). Non a caso il Bjp ha chiesto e ottenuto che le indagini siano condotte dalla Nia, la polizia antiterrorismo.
Ieri, l'autorevole quotidiano Times of India ha criticato il governo indiano per la confusa gestione del caso marò «sfociata in una grave crisi diplomatica con ramificazioni che si sono estese sul piano internazionale». Il governo italiano, però, parla bene, ma razzola male evitando qualsiasi ritorsione concreta sopratutto sul fronte economico. È una beffa che l'agenzia governativa Ice promuova, in gennaio e febbraio, la partecipazione a ben 5 fiere in India, compresa una nel Gujarat governato dal leader che vuole la testa dei marò. Non solo: il ministero dello Sviluppo economico ha finanziato una recente presentazione in India di tecnologie made in Italy passando sempre per il Gujarat.

Sul bollettino della Farnesina si legge che puntiamo alla «costruzione di una città indo-italiana». Insomma all'Europa chiediamo di bloccare il negoziato di libero scambio Ue-India, mentre noi continuiamo, da ipocriti, a fare affari come sempre, con l'impulso governativo, alla faccia dei marò.

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