Abbiamo calpestato il suolo della Luna, abbiamo inviato un veicolo multifunzione sul suolo di Marte, le sonde Voyager, dopo avere lambito Giove e accarezzato gli anelli di Saturno, si sono spinte a osservare Urano e Nettuno per infilarsi sempre più lontane dalla nostra capacità d'immaginazione. Mentre abbiamo superato i confini interplanetari, l'Iran porta avanti il suo programma Kavoshgar dopo lanci falliti (il primo Kavoshgar-5 nel 2011) e scimmie immolate all'incapacità e al cinismo. Tre giorni fa gli iraniani hanno avvertito il mondo che un Kavosghar-5 ha raggiunto i 120 km di altezza e la scimmietta inchiodata nella capsula è rientrata sana e salva. Ce ne sono altre quattro, catturate in Asia, pronte a collaudare i sistemi di lancio degli sputnik iraniani e a riportare a terra dati essenziali per il primo lancio dell'uomo (o per esperimenti nucleari, come si teme).
Per quanto il problema etico dell'invio di animali nello spazio (specialmente cani, gatti e scimmie) fosse sorto anche allora, quando americani e russi non ci pensavano sopra due volte pur di avere dati potenzialmente utili per l'uomo, il loro sacrificio era giustificato, nell'immaginario collettivo, dalla corsa fra le due potenze, dalla guerra fredda e soprattutto dall'emozione di vedere astronauti umani orbitare attorno alla terra nell'attesa che il primo mettesse piede sulla Luna. E la storia degli animali (e di molti uomini e donne) periti nelle cabine infuocate dei vettori è per molti versi ancora ignota. Solo dopo la caduta del muro di Berlino abbiamo saputo che la storiella di Laika, la cagnetta randagia lanciata dai sovietici sullo Sputnik 2 nel 1957, era edulcorata dalla propaganda bolscevica. Secondo i russi tutto era stato organizzato per riportare Laika a terra. Sapevano benissimo che sarebbe morta e non dopo quattro giorni, come ci hanno voluto far credere per anni, ma, per sua fortuna, dopo poche ore dal decollo. I francesi preferirono lanciare Felix, un gatto, che tornò salvo sulla terra con un paracadute, mentre gli americani inviavano scimmie a ripetizione, alcune morte, altre sopravvissute. La più famosa forse fu Ham, uno scimpanzé lanciato nel 1961 su un razzo Mercury che aprì la strada al viaggio di Alan Shepard, il primo astronauta americano. Ham tornò a terra salvo e finì la sua vita in uno zoo della Carolina del Nord tre anni dopo il viaggio. Veterok e Ugolyok vissero per 22 giorni a bordo di un razzo sovietico e tornarono salvi a terra, così come una tartaruga, sempre russa, che dopo avere viaggiato attorno alla luna ammarò sulla terra e fu recuperata.
La storia degli animali nello spazio dunque è lunga e affollata d'ogni genere di creatura, ma oggi, con le conoscenze che abbiamo attraverso gli uomini e i simulatori che ci sono stati, né la Nasa né l'Esa hanno più bisogno di inviare altre scimmie. La sensibilità nei confronti del benessere animale, cresciuto enormemente nei paesi civili in questi ultimi decenni, rende le immagini della scimmietta iraniana terrorizzata particolarmente ciniche e crudeli, anche se gli iraniani ci hanno abituati a ben altre scene orribili.
Riflettendo su questo sacrificio di «fratelli minori» vengono in mente le parole di Charles R.
Magel: «Chiedete ai ricercatori perché effettuano esperimenti sugli animali, vi risponderanno Perché gli animali sono come noi. Chiedete ai ricercatori perché sia moralmente accettabile effettuare esperimenti su animali e la risposta sarà: Perché gli animali non sono uguali a noi!».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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