Perfino il cellulare di Angela Merkel sarebbe stato spiato dalla Nsa, l'agenzia per la sicurezza degli Stati Uniti le cui attività segrete sono state impietosamente squadernate dal suo ex collaboratore Edward Snowden, attualmente gradito ospite a Mosca. Il portavoce del governo di Berlino si è espresso in termini ipotetici, ma ha detto che la cancelliera ha subito chiamato Barack Obama a Washington protestando e dicendogli che se fosse vero che il suo telefono è stato monitorato dagli Stati Uniti, questo sarebbe «del tutto inaccettabile». Il portavoce della Casa Bianca ha detto di non sapere «nel dettaglio cosa il presidente abbia detto al cancelliere Merkel. Ma gli Stati Uniti non hanno mai monitorato il suo cellulare e le sue comunicazioni».
Nonostante gli sforzi americani di ridimensionare la portata del problema («facciamo quello che fanno tutti con il solo obiettivo della sicurezza nazionale»), in questi giorni la querelle tra Europa e Stati Uniti sullo spionaggio americano è riesplosa. Prima il caso francese, portato alla ribalta da Le Monde con una denuncia corredata da cifre impressionanti (oltre 70 milioni di registrazioni di metadati telefonici francesi da parte della Nsa solo tra il 10 dicembre 2012 e l'8 gennaio 2013), poi le polemiche sui fondati sospetti che qualcosa di molto simile sia accaduto anche in Italia, adesso la «bomba» del Grande Fratello Usa al Bundeskanzleramt. E in mezzo c'è pure la mozione (peraltro priva di effetti concreti) votata dal Parlamento europeo, che ha chiesto la sospensione dell'accordo con Washington sulla sorveglianza delle attività finanziarie del terrorismo.
Le reazioni alle notizie sugli eccessi dell'intelligence Usa sono state variegate. Della risentita Merkel abbiamo detto. Il presidente francese François Hollande martedì scorso aveva fatto convocare l'ambasciatore americano e preteso immediate spiegazioni, richiesta reiterata il giorno dopo insistendo sulla necessità di portare la questione al prossimo vertice europeo, in programma oggi e domani a Bruxelles.
Ben più prudente la modalità scelta da palazzo Chigi. «Abbiamo un dovere di chiarezza nei confronti dei cittadini italiani: dobbiamo acquisire tutta la verità e dirla ai cittadini italiani senza guardare in faccia a nessuno», aveva detto il ministro dell'Interno Angelino Alfano dopo la diffusione di notizie sul presunto - e in effetti piuttosto probabile - spionaggio condotto dagli americani anche nel nostro Paese. Ieri il premier Enrico Letta, accompagnato dal ministro degli Esteri Emma Bonino, ha colto l'occasione dell'incontro con il segretario di Stato John Kerry in visita a Roma per porre la delicata questione. Tra grandi sorrisi e strette dimano calorose, Letta - secondo fonti di Palazzo Chigi - ha parlato con gli americani della «necessità di verificare la veridicità delle indiscrezioni» su eventuali «violazioni della privacy», riscontrando «atteggiamento cooperativo» e sentendosi ripetere il concetto caro a Barack Obama sull'argomento spionaggio: bisogna trovare un giusto equilibrio tra sicurezza e privacy.
Tornando alla visita romana di Kerry, va ricordato che era programmata da tempo e che il suo principale scopo era l'incontro con il premier israeliano Benyamin Netanyahu
sul tema del faticoso processo di pace mediorientale. Al ministro degli Esteri americano, un diffidente Netanyahu ha detto chiaramente che sulla questione del nucleare «è preferibile nessun accordo a un cattivo accordo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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