Europa in frenata sul pacchetto ambiente

Aumentano i dubbi sull’adozione del costoso piano contro i gas serra. La crisi finanziaria induce molti Paesi a rifare i conti. Il ministro degli Esteri Frattini: «Applicazione flessibile»

nostro inviato a Bruxelles
Nelle previsioni doveva essere il «fiore all'occhiello» del semestre di presidenza francese, vista la necessità di concedere più tempo agli irlandesi per ripensare il loro no alla Costituzione, cui Sarkozy teneva moltissimo. Ma a poco più di 24 ore dall'avvio del Consiglio europeo, il «pacchetto energia-ambiente» che avrebbe fatto della Ue a 27 il sistema guida per la drastica riduzione dell'anidride carbonica, è finito in penombra. Complici lo tsunami finanziario abbattutosi sul continente e i costi non indifferenti per combattere l'inquinamento.
Le norme, varate dalla presidenza Merkel nel 2007, prevedevano infatti una riduzione del 20% delle emissioni dannose fin dal 2020, un aumento del 20% dell'efficienza energetica e un incremento, anche qui del 20%, della quota di energia da ricavare dalle fonti rinnovabili. E in più una direttiva che scaricava sulle case automobilistiche l'onere di contenere il Co2 a livelli minimi, il che avrebbe comportato - specie per le utilitarie - un aumento pesante dei costi. Tutti d'accordo, allora. Via libera anche dal Parlamento di Strasburgo. Ma l'esplodere della crisi finanziaria e la necessità di parecchi Stati di mettere sul tappeto miliardi di euro, hanno provocato qualche dubbio sulla volontà di procedere. Anche perché i costi non sono indifferenti. Per ora si resta in stand by: Barroso qualche giorno fa ha tuonato contro chi, come l'Italia, vorrebbe un dilazionamento. Ma perplessità non mancano in Polonia, Romania, Repubblica Ceca. Anche gli industriali tedeschi si sono espressi per uno stop. Anche se è da Roma che partono a getto continuo messaggi allarmati per i costi che subirebbe il nostro sistema produttivo. Ieri, da Lussemburgo, dove era in programma un vertice dei ministri degli Esteri in preparazione del summit dei capi di Stato e di governo, Franco Frattini ha rilevato come l'Europa non possa «dare una mano alle banche per far ripartire l'economia e con l'altra bastonare le aziende». «Io - ha spiegato - non chiedo la modifica degli obiettivi del pacchetto, ma almeno una applicazione flessibile per aiutare lo sviluppo e rilanciare l'economia». Che la crisi finanziaria del resto abbia gelato le imprese l'ha ammesso anche il portavoce di Almunia, rilevando come per qualche tempo si dovrà assistere «inevitabilmente ad un deterioramento delle finanze pubbliche dovuto a meno entrate fiscali e a maggior spesa pubblica». A Bruxelles, in sostanza, ci si rende conto di come sia difficile per parecchi far fronte ai «buchi neri» aperti nelle banche dai derivati e, allo stesso tempo, a ingenti spese per salvaguardare il pianeta.
Gli sherpa dei 27 che preparano il Consiglio europeo, in queste ore, lavorano ad un testo ridotto, passibile magari di rinvio a dicembre o anche oltre, magari rispedendo il testo ai consigli di settore. Ma Barroso scalpita perché vede nell'ecologia un possibile campo di ripresa economica e i Paesi del Nord Europa lo incitano a tenere duro. E nel frattempo da Parigi rimbalza la voce di una dichiarazione di principi stilata da Sarkozy che i francesi vorrebbero comunque portare al voto (vista l'impasse creatasi) ed in cui si rilancia l'obiettivo del calo delle emissioni. Una ipotesi che non tutti accetterebbero serenamente, preferendo semmai fosse posto come semplice documento di indirizzo. Per l'Italia la questione è comunque serissima: in ballo ci sono svariati milioni di euro di spesa pubblica.

Da escludere che Berlusconi ponga un veto. «Ma per noi - fanno sapere da Palazzo Chigi e Farnesina - è vitale che non si decida tutto e subito com'era nel documento iniziale. Non potremmo farcela e le multe ci svenerebbero».

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