Il futuro dell’Europa e il ruolo de “il Giornale”

Verso i 50 anni del quotidiano. Passato, presente e futuro di un giornale che ha scritto la storia d'Italia e dell’occidente

Il futuro dell’Europa e il ruolo de “il Giornale”

A quasi quattro mesi dal traguardo dei 50 anni de ilGiornale e a 100 giorni dalle elezioni europee, il nostro quotidiano apre i festeggiamenti riunendo il gotha della classe dirigente italiana a Milano il 29 febbraio al Circolo Filologico Milanese (ore 9 -12:45) con un evento dal titolo “Il futuro dell’Europa” (consulta il programma completo).

Un tema che si unisce anche alla storia ed evoluzione de ilGiornale avvenuta in nome del principio cardine della nostra società occidentale: la libertà. Elevata da Benedetto Croce al grado supremo di “religione”. E non è un caso che il politico e filosofo liberale lasciò in eredità due capolavori sulla storia d’Italia e d’Europa, destinate a supportare come bene morale e culturale, quel difficile e accidentato processo di unificazione europea che ebbe in Alcide De Gasperi uno dei massimi protagonisti.

IlGiornale fin dalle sue origini cercò di far emergere questa variegata élite di libero-pensiero e quindi liberi-pensatori, dal liberalismo crociano all’anarco-conservatorismo di Giuseppe Prezzolini e Leo Longanesi sino a quelli più moderni di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, forti di una missione comune: battere l’ideologia comunista e difendere il disfacimento della borghesia dall’assalto del radicalismo del ‘68.

Indro Montanelli, condottiero con spirito garibaldino, insieme ai primissimi fondatori che lo seguirono con ardore e coraggio nella rottura con Il Corriere della Sera, non realizzò solo un giornale bensì un manifesto liberal-conservatore in cui riunire il meglio dell’intellighenzia europea controcorrente e non allineata.

IlGiornale pose una costante attenzione, come era ovvio, alle debolezze strutturali dell’Italia dall’economia (Cesare Zappulli, lo “straborghese” Sergio Ricossa e Antonio Martino) all’assetto costituzionale (Nicola Matteucci) ma non fece mai mancare il sostegno all’alleanza atlantica (Alberto Pasolini Zanelli), al processo di integrazione europea e alla politica filo-israeliana (Vittorio Dan Segre).

Quel giornale che trovò in Via Negri 4 la storica sede prese per mano il suo pubblico e lo proiettò all’interno delle profonde e sporche viscere delle guerre, dittature, tecnocrazie e dei colpi di Stato che minacciavano le già fragili democrazie liberali.

Ed ecco che da una parte all’altra del mondo salpavano figure mitiche come Egisto Corradi, Mario Cervi, Beppe Gualazzini, Fernando Mezzetti (Mosca e Pechino), Livio Caputo e l’enigmatico Edmund Stevens che anticipò a Gian Galeazzo Biazzi Vergani, in esclusiva mondiale, la morte di Leonid Breznev ma non fu creduto. Il motivo? Amava molto bere…

Nel tempo si creò un autorevole gruppo di sovietologici capeggiato dal ‘barone’ Enzo Bettiza, il più autorevole decrittatore delle mosse del Cremlino. Lui che nel ’68 previde i fatti di Praga. Fu proprio nelle minuziose discussioni politiche con Enzo Bettiza che Frane Barbieri coniò il termine “eurocomunismo”. E infine come si può dimenticare l’arrivo di ciclopiche firme come Raymond Aron, “il capriccio di Montanelli, ma soprattutto di Bettiza” (Alfio Caruso), che Dino Confrancesco su ilGiornale definì “il discepolo liberale di Machiavelli” e che in Francia fu il gran rivale dell’egemonico e modaiolo Jean-Paul Sartre tanto che negli ambienti intellettuali della gauche caviar ripetevano con sprezzante snobismo: “Meglio aver torto con Sartre piuttosto che aver ragione con Aron”. L’arrivo del filosofo francese portò anche un giovane che si stava facendo conoscere in patria per i suoi scritti controcorrente: Jean-François Revel. E poi François Feyto, Eugène Ionesco, Egon Bondy etc… Nomi di personaggi che solo a citarli ci fanno apparire come nani dinanzi a giganti.

IlGiornale, oggi come allora, si trova a raccontare ai suoi lettori una nuova Guerra fredda con un ordine globale profondamente mutato e un’America, faro della nostra civiltà democratica moderna, logorata da uno scontro più personale che politico e sull’orlo di un’implosione civile. L’Unione europa che di questo disordine (caos) mondiale avrebbe potuto beneficiarne per rivendicare un ruolo di leadership rimane vittima dei suoi perenni mali a cui si aggiunge il varo di leggi ideologiche e green distanti dalla reale quotidianità della maggioranza del popolo europeo.

Nel processo, lento ma rumoroso di rimozione e caduta della cultura occidentale, proprio Raymond Aron negli anni ’70 pubblicò “In difesa di un’Europa decadente”, i grandi gruppi economici e mediatici si sono posizionati dalla parte di quello che Marcello Veneziani definì “globunismo”. Un comunismo 2.0, un misto di interessi finanziari, sociali, culturali e politici che niente ha a che fare con la vera libertà di mercato favorita da una solida e sana libertà politica.

Missione quindi del nostro quotidiano è un ritorno alle origini: aprire la casa de ilGiornale ai suoi lettori e curiosi proseguendo la dura e sofferta battaglia “contro il coro” e analizzare con attenzione le evoluzioni della politica estera nelle diverse parti dell’emisfero globale per indirizzare e orientare i governi repubblicani. Ma soprattutto dare una guida alla borghesia liberale e conservatrice di vecchia e nuova generazione, produttiva e laboriosa, oggi fiacca ma resiliente che è da sempre la spina dorsale del paese.

Nella profonda consapevolezza che il futuro dell’Europa - il titolo del nostro evento - è il futuro dell’Italia e quindi delle nostre vite.

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