L'Europa in ordine sparso sulle armi a Israele: "C'è una grande frattura"

Roma, Parigi, Berlino e Londra: "L'Idf cessi gli attacchi contro i caschi blu"

L'Europa in ordine sparso sulle armi a Israele: "C'è una grande frattura"
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Era inevitabile che l'attacco all'Unifil approdasse al Consiglio Esteri dell'Unione europea, ieri in Lussemburgo. Ma da qui a dire che sia emersa una posizione condivisa ce ne vuole. D'accordo per una dichiarazione comune di condanna delle azioni di Israele contro le postazioni Onu, raggiunta nonostante le rimostranze della Repubblica ceca, l'Ue resta infatti fortemente divisa sul da farsi: in particolare, sullo stop all'invio di armamenti a Tel Aviv ipotizzato giorni fa dalla Francia come segnale politico, e sostenuto ieri pure da Spagna e Irlanda.

Per dare una parvenza di peso geopolitico al Vecchio Continente, la questione mediorientale viene piazzata al centro del summit dei ministri da Josep Borrell, facendo scivolare il dossier Ucraina più in fondo. L'Alto rappresentante per la Politica estera ribadisce l'appello per un cessate il fuoco immediato in Libano, affinché le parti lavorino per la piena attuazione della Risoluzione Onu 1701. Ma il vertice che avrebbe dovuto anticipare le conclusioni del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre si incaglia. «Del tutto inaccettabili» vengono definiti dai 27 gli attacchi alla missione che conta 10mila peacekeepers di 50 nazionalità; 16 da Paesi Ue. «Noi non scappiamo dai luoghi dove ci sono difficoltà», ribadisce da Berlino il ministro degli Esteri Tajani. «I soldati italiani in Libano non si toccano, non sono terroristi di Hezbollah e non lasceremo le postazioni, è una decisione che spetta soltanto alle Nazioni Unite». Tajani propone quindi ai colleghi di Parigi, Berlino e Londra una dichiarazione congiunta e insieme chiedono lo stop degli attacchi dell'Idf: «Devono cessare immediatamente».

Disappunto e stallo Ue, invece, sull'embargo alle armi. I 27 si accordano solo sulla «condanna» delle azioni di Tel Aviv; e solo dopo aver ammorbidito il documento, perché Praga pone il tema della «legittimità», assolvendo Israele, vista la presenza di infrastrutture di Hezbollah a poche decine di metri da Unifil. «Crediamo che la sicurezza di Israele non possa essere garantita solo dall'uso della forza - dice il francese Barrot - lasci il posto al dialogo e al negoziato». Qualche insider fa notare che Parigi ha cambiato posizione solo dopo che è stata colpita una stazione di Total Energies. Borrell ammette che «c'è una divisione importante» tra chi chiede lo stop agli invii e chi di aumentare la fornitura. L'Italia resta prudente.

Sulle sorti di Unifil si rimanda la palla all'Onu. «Decide il Consiglio di sicurezza, quindi si smetta di attaccare Guterres», taglia corto Borrell, che mette in guardia anche sugli attacchi russi contro navi destinate all'export ucraino di cereali: 3 quelle già affondate. «Non possiamo permettere che Mosca metta a repentaglio la sicurezza alimentare». Ma nulla viene deciso. Il presidente ucraino chiede altre armi a lungo raggio per colpire postazioni russe. Anche su questo punto, nell'Ue, ognun per sé; col solo impegno comune a «sbloccare i pagamenti del Fondo europeo per la pace e per aumentare la capacità ucraina di difesa aerea».

E col sì a nuove sanzioni ad aziende iraniane, 3 compagnie aeree e funzionari del regime degli ayatollah, incluso il viceministro alla Difesa, considerati da ieri facilitatori per forniture di missili e droni a Mosca con cui sono state colpite le città ucraine.

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