"Non c'è solo la Francia seduta su una polveriera. L'Eliseo distratto in Ue è un danno per L'Italia"

"La Francia brucia, ma le nostre società sono tutte sedute su una polveriera"

"Non c'è solo la Francia seduta su una polveriera. L'Eliseo distratto in Ue è un danno per L'Italia"
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«La Francia brucia, ma le nostre società sono tutte sedute su una polveriera». Francesco Saraceno vive a Parigi da vent'anni ed è vice-direttore del Dipartimento Ofce di Sciences Po, il Centro di Ricerca in Economia della celebre università francese, oltre che docente di Macroeconomia europea alla Luiss-Sep. «Il disagio è crescente e generalizzato. In Francia è particolarmente visibile perché c'è una chiara divisione territoriale fra aree più benestanti e meno benestanti». Saccheggi, intere zone off-limits alle forze dell'ordine. E pure i kalashinokov.

Cosa sta accadendo in Francia?

«C'è un ascensore sociale che non funziona più. Quando cominciò l'immigrazione, negli Anni Sessanta, fu promesso a quegli immigrati, in cambio dell'accettazione dei valori della Repubblica, che non solo loro, ma anche i loro figli sarebbero stati messi in condizione di andare a scuola, aver un buon lavoro, integrarsi».

Invece i figli spaccano le vetrine. Cosa genera questa rabbia?

«Mille motivazioni, più sociologiche che economiche. I figli o i nipoti di quegli immigrati, i ragazzi che protestano ora, vivono nei ghetti con servizi pubblici scadenti e diffusa povertà. Non riescono a cambiare status, non hanno accesso a quello a cui ha accesso chi è francese da sempre. Paradossalmente, i genitori sono più integrati. Loro, invece, si sentono traditi. C'è un problema di promessa mancata».

Perché anche le nostre società sono «sedute su una polveriera»?

«Perché il problema dell'ascensore sociale rotto è generalizzato, dall'Italia al Regno Unito della Brexit fino agli Stati Uniti. Le classi medie per la prima volta da 4-5 generazioni vedono i figli che stanno peggio di come stavano loro. Questo provoca un rigetto del sistema».

Dai gilet gialli alle proteste contro la riforma delle pensioni, si ha l'impressione tuttavia di una violenza diffusa, quasi endemica in Francia. È così?

«Violenze e scontri ci sono stati con i gilet gialli, espressione della classe media urbana, dei commercianti, ma anche dei contadini, quasi tutti bianchi. Ci sono stati con le bande di maghrebini e poi con lo scontro sulle pensioni. In Francia credo che la protesta prenda questa forma perché c'è ancora un senso del collettivo, anche nelle sue degenerazioni violente. In Italia la protesta resta più individuale: non vado a votare, non pago le tasse».

Macron se la prende anche con i social network...

«C'è una gioventù che vive in una bolla dei social, in cui fare la guerra alla polizia diventa una sorta di videogioco».

Come sta affrontando la situazione il presidente? Come può pesare questa crisi sull'ultimo mandato di Macron?

«Credo che le istituzioni francesi abbiano dimostrato maturità. Hanno subito detto che quello che era successo a Nahel era gravissimo e la giustizia si è mossa in fretta con il poliziotto che lo ha ucciso».

Eppure la sinistra dice che si rischia la guerra civile, dopo che alcuni sindacati delle forze dell'ordine hanno chiesto misure «forti e concrete» per riportare la calma.

«La sinistra più radicale sta giocato molto sull'ambiguità».

Chi beneficerà di questo caos, politicamente?

«Come sempre, da anni, Marine Le Pen è seduta a guardare lungo la riva del fiume. E Macron sarà accusato di non aver saputo mantenere l'ordine pubblico».

Ennesima crisi che rischia di distrarre il presidente francese dalle questioni europee. Cosa potrebbe voler dire per l'Italia?

«C'è il forte rischio che Macron ora venga risucchiato dalla crisi interna, dopo un importante incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che era promettente su molte questioni. Il motore franco-tedesco non funziona più, gli interessi della Francia con la Germania sono disallineati, mentre quelli di Italia e Francia sul patto di stabilità coincidono.

Il timore è che quando si apriranno molti dossier importanti e si deciderà sul patto di stabilità, Macron non abbia tempo di occuparsene. Una Francia distratta o assente rischia di indebolire la posizione di Parigi e Roma, contrapposta a quella estremista di Berlino. Un'Europa forte ha bisogno di una Francia e di un'Italia unite».

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