Qatargate, spunta la lobby della cannabis

Il figlio di Glaise, ex titolare dell’inchiesta, socio del rampollo della Arena, pro marijuana

Qatargate, spunta la lobby della cannabis
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La presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, nelle ultime ore ha detto che «dopo lo scandalo Qatargate abbiamo preso misure immediate» per proteggere le istituzioni. Resta da capire cosa sia successo prima di queste precauzioni oggi sbandierate, e fin dove sia arrivata la presunta corruzione di Qatar e Marocco nel cuore dell'Eurocamera. Altre ombre infatti scuotono l'indagine, questa volta nelle stanze della Procura federale, con il giudice istruttore dell'inchiesta, Michel Claise, che ha lasciato il caso. Sono emersi «elementi» che «potrebbero sollevare alcune domande sul funzionamento oggettivo dell'inchiesta». Cioè un potenziale e alquanto imbarazzante conflitto di interessi, sollevato dall'avvocato di Marc Tarabella, uno degli indagati, che mette in dubbio l'imparzialità del magistrato. Il figlio di Claise, Nicolas, classe 1991, sarebbe socio in affari con Ugo Lemaire, il figlio dell'eurodeputata socialista belga Marie Arena, con origini siciliane. Fino a gennaio era la presidente della commissione diritti umani del Parlamento Europeo, ruolo che prima fu di Antonio Panzeri, ritenuto oggi al centro della rete della presunta corruzione. Si è dimessa dalla carica dopo che è emerso che non aveva rivelato un viaggio pagato dal Qatar.

Nota per i suoi legami e i rapporti stretti con Panzeri, Arena è stata solo sfiorata dall'inchiesta. Si è sempre proclamata estranea («Sono allibita e profondamente arrabbiata») ai fatti contestati agli indagati, e non è mai stata coinvolta in provvedimenti della Procura federale. Non è stata mai perquisita, né arrestata, né interrogata, sono stati perquisiti solo gli uffici e la casa della sua assistente italiana.
Eppure compare citata nelle relazioni di polizia giudiziaria che accompagnano le richieste di arresto di alcuni indagati. Panzeri invece nelle sue «confessioni» ha negato ogni coinvolgimento della ex collega e amica. Eppure nella nebbia in cui, dentro le istituzioni di Bruxelles, si mescolano attività di lobbying e interessi legittimi emergono episodi passati che vale la pena ricordare oggi, alla luce degli ultimi dettagli. Nel dicembre 2019, Arena ha ospitato un grande convegno sulla cannabis al Parlamento europeo. A organizzarlo proprio il figlio dell'europarlamentare, che oltre ad avere una società attiva nel settore risulterebbe anche dirigente dell'associazione europea della cannabis «Active». Suo l'indirizzo mail per le richieste di informazioni sul convegno, dove Arena era citata come co-organizzatrice.

Al termine lei lo aveva definito «il primo grande evento sulla cannabis al Parlamento europeo» e «un vero successo per noi». L'obiettivo delle attività parlamentari, aveva chiarito in un'intervista, sarebbe stato «un nuovo quadro giuridico dell'Ue» sull'uso e la commercializzazione dei medicinali a base di cannabinoidi. Va detto che il convegno con la presenza del figlio non ha nulla di illegittimo, siamo sul terreno dell'opportunità politica. Oggi Arena si giustifica così: «La cannabis medicinale è un argomento che è stato di mio interesse per molto tempo - ha risposto a Politico - l'evento non era collegato a nessun voto o fascicolo legislativo attualmente in lavorazione».

Poche settimane prima del convegno, sul suo sito l'eurodeputata chiedeva di «legalizzare la cannabis in Europa». Un obiettivo molto vicino agli interessi dell'attività del figlio. Che a sua volta è il socio del figlio del giudice istruttore del Qatargate. Nulla di illecito. Ma tanti intrecci. Forse troppi.

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