Critica il velo, gli islamici minacciano la Sardone: "Sei da bruciare"

Silvia Sardone insultata per le sue parole e la sua maglietta contro il velo islamico. Ritorna ancora una volta il problema dell'integrazione in Europa

Critica il velo, gli islamici minacciano la Sardone: "Sei da bruciare"
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“Ti accoltello”, “Muori”, “Finisce malissimo per te”, “O diventerete musulmani come noi o per voi non ci sarà posto”. Queste sono solo gocce della pioggia di insulti via social diretta contro Silvia Sardone. A scatenare l’odio degli utenti musulmani è stata la maglietta indossata dall’eurodeputata della Lega durante il suo intervento al parlamento di Strasburgo, su cui campeggiava la scritta “No al velo islamico”.

La mia fermezza motivata evidentemente ha dato fastidio. Voglio essere chiara: continuerò ad esprimere le mie idee e opinioni in Italia e nelle istituzioni in cui sono stata eletta, a testa alta e senza paura”, ha comunicato la donna in una nota. “Continuerò a denunciare la pericolosità dei centri islamici abusivi sul nostro territorio, la crescente islamizzazione dell’Europa, il diffondersi di ghetti musulmani e tribunali islamici che vogliono imporre la sharia”.

Nel suo intervento l’eurodeputata ha detto di vergognarsi di un’Unione che “finge di sostenere la protesta delle donne iraniane e di ricordare il coraggio della grande Mahsa Amini, mentre promuove per i propri eventi il velo islamico”. La leghista si è scagliata in particolare contro la rappresentazione in chiave positiva dell’hijab nei canali di comunicazione delle istituzioni europee e persino durante eventi per promuovere il rispetto dei diritti umani, la parità di genere e la lotta contro l’omofobia. Tutti punti che si trovano, ovviamente, in cima alle agende dei Paesi a maggioranza islamica. Gli stessi che, per esempio, considerano il picchiare la propria moglie come un elemento imprescindibile della propria identità culturale, come ha ricordato il pm di Brescia finito nell’occhio del ciclone per le sue parole in tribunale.

Non è la prima volta che Silvia Sardone si trova sotto il fuoco di commenti via web per le sue prese di posizione contro la religione musulmana. Nel luglio 2023, era finita nel mirino del trapper milanese Baby Gang, al secolo Zaccaria Mouhib, per aver affermato che l’origine dei disordini in Francia, scoppiati a seguito dell’uccisione del 17enne Nahel da parte di un poliziotto, erano da ricercare nell’immigrazione e nell’islamizzazione incontrollata del Paese.

L’odio scatenatosi contro Silvia Sardone riporta in auge l’eterno problema dell’integrazione dei musulmani in Europa e l’evidente paradosso dei sostenitori dell’accoglienza e paladini dei diritti che si trovano a difendere una religione e le varie declinazioni di una cultura le cui basi affondano negli insegnamenti di Allah, nonostante queste siano apertamente ostili ai valori che l’Europa e alcuni schieramenti politici ritengono fondamentali.

Un esempio fra tutti è il caso dell’imam di una moschea di Birmingham, nel multiculturale Regno Unito, che ha spiegato in un video il metodo corretto per lapidare le donne adultere secondo i precetti della sharia. Oppure il fatto che, sempre nel reame di Sua Maestà Carlo III, vi siano decine di tribunali islamici che impongono i loro giudizi seguendo la dura legge del Corano, creando un vero e proprio sistema parallelo alle leggi nazionali inglesi. Un’istituzione, questa, di cui si sta iniziando a parlare anche in Italia.

Vi sono anche i casi di veri e propri quartieri nelle capitali europee ormai completamente in mano a questo mondo parallelo, dove l’autorità dello Stato cede il passo ai dettami religiosi. Basti pensare al ghetto di Bruxelles, da cui è uscito la mente dietro gli attentati a Parigi del 2015, alle banlieue francesi in mano alle gang di islamici o al conclamato fallimento del modello svedese, di cui la città di Malmö è l’esempio lampante. Il problema Islam potrebbe essere considerato acqua passata nella mente di molti: la stagione degli attentati terroristici sembra passata, l’Isis è stato sconfitto e una serie di altre crisi, come il Covid e la guerra in Ucraina, hanno preso il loro posto sotto i riflettori.

L’Europa, però, continua silenziosamente a cedere terreno a questo radicalismo religioso, dimenticandosi forse di una cosa nel nome di un’apertura totale: è compito della tolleranza essere intollerante con gli intolleranti.

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