C'erano una volta e ci sono ancora. Calimero e la Pimpa, poi sono arrivati i roditori Geronimo Stilton e Topo Tip, prima che si prendessero la scena Bloom, Stella, Flora e le altre colorate fatine Winx. Macché roba da piccoli, è che li disegnano così... Non sottovalutate gli idoli dei vostri bambini, perché danno lavoro a tremila famiglie. L'animazione italiana è un'eccellenza che abbatte confini nazionali e barriere linguistiche, al pari della moda e della gastronomia. Il settore conta un'ottantina di imprese, trentasei soltanto nella produzione, con un fatturato diretto attorno ai 100 milioni di euro, e genera investimenti sul territorio per altri 70 milioni. Il giro d'affari complessivo considerando un mercato a 360 gradi tra licensing, merchandising, pubblicità, abbigliamento, videogames, editoria cartacea e digitale, app per smartphone e tablet nonché l'estensione delle tecnologie 3D in campo scientifico, architettonico e perfino medico non è ancora stato ufficialmente quantificato e secondo le stime raggiunge il miliardo di euro.
Una fabbrica di sogni che produce occupazione e ricchezza in carne e ossa. Come le professionalità che la animano. L'Italia vanta una scuola di artigiani e creativi che affondano le radici nella tradizione delle più prestigiose scuole di cinematografia, delle belle arti e del fumetto. Ai maestri dell'"età dell'oro" fiorita negli anni '60 e '70 si sta affiancando la nuova generazione di "nativi digitali", capaci di pensare e di creare prodotti già espressamente intermediali. Perché oggi può accadere quello che era impensabile fino a una manciata di anni fa, e cioè che una storia a cartoni animati possa nascere su Youtube o sulle altre piattaforme del web, più che al cinema o in televisione, e quindi arrivare sugli altri mezzi grazie al passaparola, quando è diventata "virale". È la rete infatti a decretare il successo di microrealtà indipendenti, che si fanno strada in alternativa alla competizione (impossibile) con i colossi blockbuster.
Tendenza incasellata in un contesto nazionale unico nel suo genere. La produzione tricolore ha sfornato per il cinema appena 10 film di animazione negli ultimi 5 anni. Diversa la situazione del mercato televisivo, dove 7 canali generalisti e 23 canali tematici trasmettono 42mila ore di contenuti d'animazione l'anno. Con un'anomalia tutta nostra: solo l'11% della programmazione è italiana; sui canali tematici del servizio pubblico, Rai YoYo e Rai Gulp (i cui ascolti medi sono comunque triplicati nel giro di pochi anni), si arriva al 27,5%. Ancora troppo poco, se si considera per esempio che in Francia la percentuale di prodotti "autoctoni" supera il 40%.
"Nonostante i limiti strutturali del sistema, con la Rai unico partner in assenza di altri broadcaster disposti a investire - osserva Maurizio Forestieri, presidente di Asifa, l'associazione che rappresenta gli autori e i professionisti dell'animazione italiana - il settore è vivo, i fatturati sono interessanti, le aziende sono solide: quattro su dieci hanno oltre quindici anni di esperienza. E, cosa più importante in questi tempi di crisi, assumono. La fuga di matite all'estero si sta arrestando. Per la prima volta i giovani talenti non sono costretti ad andare in Francia o negli Stati Uniti per lavorare, ma trovano sbocchi qui da noi. E partecipano a quell'opera di creazione artigianale di gruppo che è un cartone". Per produrre una serie tv nel classico formato di 26 episodi da 26 minuti occorrono dai due ai tre anni di lavoro, ideazione a parte. Forestieri, con la sua Graphilm basata a Roma, in fase di produzione arriva a occupare 200 persone (l'età media è di 30-35 anni). Ha da poco rilasciato Bu Bum - La strada verso casa, in onda da luglio su Rai Gulp. Ma spiega: "L'animazione ha costi di produzione altissimi, richiede competenze elevate e non ha ritorni immediati. Per questo chiediamo allo Stato attenzione e protezione". Appello condiviso anche da Cartoon Italia e Animation Italia, associazioni che riuniscono grandi e piccoli società dell'animazione nostrana. Le aziende chiedono misure concrete, solo in parte previste dal nuovo Ddl in materia di cinema, audiovisivo e spettacolo che è ancora alle fasi iniziali del suo iter in Parlamento. In sostanza: aumento dal 15 al 30% del tax credit interno e l'introduzione del tax credit esterno per gli investitori, sostegno pubblico nella fase di sviluppo, incentivi alla distribuzione all'estero, all'adeguamento tecnologico e aiuti agli esercenti che prediligono contenuti made in Italy. E poi restano aperti i fronti a medio termine, a cominciare dalla razionalizzazione della filiera Rai, oltre all'applicazione delle quote di investimento e programmazione da parte delle emittenti, così come la questione dei diritti pluriennali sulle opere, al momento "insostenibili" per i produttori.
Anne-Sophie Vanhollebeke, a capo di Cartoon Italia, è convinta che per l'animazione italiana sia arrivato il momento di cambiare marcia: "Sta passando un treno alta velocità e stavolta non possiamo perderlo. Siamo cresciuti tanto con le co-produzioni internazionali, ricordiamoci che i produttori italiani arrivano a coprire insieme al broadcaster nazionale il 40-60% del budget, il resto bisogna andare a cercarlo fuori confine. Già adesso - sottolinea la presidente - riusciamo a realizzare prodotti in grado di competere all'estero sul piano editoriale e della qualità. Il passo da fare sarà mettere a sistema i nostri punti di forza per esportare di più e meglio la creatività italiana, che resta la più apprezzata e richiesta nel mondo".
Come avviene in altri settori dell'economia e della cultura, la galassia cartoon ridà corpo a un classico intramontabile: la fiaba di tanti piccoli ma coraggiosi Davide, che partono dalla provincia per affrontare i giganti Golia gonfi di dollari. Uscendone spesso vincitori. Vedi il "miracolo" costruito dalla Mad Entertainment, trionfatrice agli Efa, gli Oscar del cinema europeo, con il film d'animazione L'arte della felicità (regia di Alessandro Rak). Esempio di come il segreto del successo sia quasi sempre una questione di scelte controcorrente. Racconta il producer Luciano Stella: "Siamo tra i pochi in Italia a percorrere la strada meno battuta, quella dei lungometraggi. Ci definiamo una boutique studio, facciamo dei mezzi limitati un'opportunità. Produciamo a basso costo e ne siamo fieri". Perché il territorio è identità. Da due grandi appartamenti nel cuore di Napoli sta per uscire un altro capolavoro "realizzato interamente home made in 24 mesi di lavoro, in 2D e 3D con software open source. Si intitola Gatta Cenerentola, co-prodotta con RaiCinema. È costato 15 milioni. Il piccolo principe, per capirci, 52". Chi pensa che sia un gioco da bambini ha sbagliato indirizzo.
"Gatta è una favola noir multistrato, nasce da una novella morale del 1600 partenopeo di Giovanbattista Basile rivisitata e riportata al presente, ai tempi di Gomorra". Tradizione e rivoluzione si muovono sulla stessa striscia. Ecco l'Italia a cartoni animati.
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