Cos’è il virus Marburg che spaventa l’Africa

Sono almeno 9 i morti causati dal virus di Marburg con un focolaio che si è sviluppato nella Guinea Equatoriale: ecco quali sono i sintomi e la corsa contro il tempo per mettere a punto i vaccini contro la malattia

Cos’è il virus Marburg che spaventa l’Africa

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) è molto preoccupata per la situazione che si è creata in Africa, in particolar modo nella Guinea Equatoriale alle prese con un focolaio del virus di Marburg il cui tasso di mortalità può arrivare all'88% e che avrebbe già provocato la morte di 9 persone ma i casi sospetti sono 25.

Test sui vaccini

Quello che attualmente sta sperimentando il Paese africano è il più grande dei focolai che riguardano questo agente virale: come avevamo visto sul Giornale.it, la scorsa estate ne aveva fatto le spese anche il Ghana ma in quel caso i decessi erano stati due. L'Oms ha convocato un tavolo d'urgenza per accelerare la corsa ai vaccini già in fase di sviluppo ma le possibilità che siano disponibili in tempi brevi è molto scarsa. L'unica arma di difesa rimane la quarantena per tutti coloro i quali sono entrati in contatto con i positivi al virus di Marburg. "I focolai tendono ad essere piccoli e finiscono relativamente rapidamente dopo che sono state messe in atto misure di intervento efficaci", ha dichiarato John Edmunds alla rivista scientifica Nature, epidemiologo alla London School of Hygiene & Tropical Medicine.

Tra i candidati vaccini ci sono quelli a vettore virale di AstraZeneca (stesso principio dell'anti-Covid) e il Sabin Vaccine che usa un adenovirus, modificato, da scimpanzé. Un altro vaccino della Janssen utilizza invece lo stesso adenovirus umano usato per Sars-CoV-2: soltanto Sabin e Janssen sono già stati testati sull'uomo e sembrano offire una forte protezione contro il Marburg.

Quali sono i sintomi

L'infezione, molto grave e pericolosa, si manifesta con alta febbre emorragica che è altamente infettiva soprattutto quando ci si trova in presenza di vomito, emorragia o diarrea: è più difficile che questo virus si possa trasmettere durante il periodo in cui si trova in incubazione, molto più facile il contagio quando i sintomi sono già palesi. Come ricorda il Washington Post, sono i pipistrelli della frutta a trasmetterlo alle persone: fu scoperto nel 1967 dopo l'esposizione prolungata da parte di persone che lavoravano nelle miniere e nelle grotte con colonie di pipistrelli "Rousettus". Oltre alla febbre che può raggiungere e superare 40°C, si hanno brividi e dolori in varie parti del corpo con sintomatologia in peggioramento nei giorni successivi.

Il nome è di origine tedesca perché i primi focolai comparvero tra chi lavorava nei laboratori di Marburg e Francoforte, in Germania, e a Belgrado, in Serbia, mentre si conducevano delle ricerche. Il virus fa parte della stessa famiglia dell'Ebola e, nei casi fatali, la morte sopraggiunge generalmente otto-nove giorni dopo aver contratto la malattia. Purtroppo non esiste una cura ed è per questa ragione che si spera di ottenere almeno un vaccino in tempi brevi.

Alcune cure di supporto come la reidratazione di liquidi per via orale o endovenosa, il mantenimento di buoni livelli di ossigeno e l'uso di farmaci per il trattamento dei sintomi appena si manifestano possono migliorare i tassi di sopravvivenza.

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